"io decido X Albignasego" è il nome del movimento civico che vuol dare la parola ai cittadini di Albignasego, comune della provincia di Padova ... e non solo!

giovedì 20 dicembre 2012

Il 21 dicembre: insieme per diventare i Missionari dell'Arcobaleno

Padre Adriano Sella, missionario saveriano, per molti anni in Brasile, è attualmente responsabile della Rete interdiocesana sui nuovi stili di vita.
Una rete nata nel 2002 con l’adesione di cinque diocesi, che, nel frattempo, sono diventate più di venti.
 
Dice padre Sella, a proposito della filosofia della sua Rete, che indica percorsi di vita controcorrente:
“Non siamo né eroi né santi, ma cristiani responsabili e cittadini solidali. Il nostro è un movimento nato dal basso che vuole coinvolgere le comunità e arrivare anche a livello istituzionale, avere un risvolto politico”.
L’idea del movimento è che cambiare è possibile senza fare cose straordinarie, “ma intervenendo nella vita feriale, da quando ci si alza al mattino a quando si spegne la luce prima di addormentarsi: chiudere il rubinetto mentre ci si lava i denti, senza sprecare acqua; usare lampadine a basso consumo, non lasciare in stand by gli elettrodomestici, fare ogni tanto un ‘digiuno’ da sms, automobile e gratta e vinci; praticare il car-sharing e, soprattutto, capire che fare la spesa non è un’operazione neutra ma etica”. Quando si fa la spesa si esprime un voto.
 
Padre Sella ha scritto molti libri e articoli, in Italia e anche in Brasile. Tra gli ultimi: “Una Solidarietà intelligente” e la “Miniguida dei Nuovi Stili di Vita”. A Vicenza ha promosso il movimento Gocce di Giustizia e altre realtà importanti che hanno come obiettivo sviluppare una cultura della giustizia. Attualmente si è inserito nella diocesi di Padova come coordinatore della Commissione diocesana Nuovi Stili di Vita della Pastorale Sociale e del Lavoro, ed in particolare della campagna “La domenica delle tre erre: Relazioni, Riposo e Risorto”, che ha l’obiettivo di animare le comunità parrocchiali e i movimenti ecclesiali della zona al fine di recuperare la domenica come giorno dedicato alle relazioni, al riposo e al Risorto.
Estratto da http://cremonademocratica.org/

Allegato il "Brano per la sosta cosmica del 21 dicembre" di padre Adriano Sella, un invito a sostare, in meditazione, nel solstizio d'inverno, per poi diventare Missionari dell'Arcobaleno:

mercoledì 19 dicembre 2012

Salviamo l'azionariato popolare diffuso!

Ho firmato anch'io la Petizione al Ministro dell'Economia e delle Finanze: "Salviamo l'azionariato popolare diffuso"

Non avrei potuto fare diversamente.

Perché sono azionista di Banca Etica da molti anni e credo nei valori della finanza etica e del risparmio responsabile.

Perché c'è un altro aspetto di questo provvedimento fiscale, oltre al minimo di imposta di 34,20 euro, che non mi piace per niente: per l'anno 2012 è previsto un tetto massimo di imposta di 1200 euro/anno.

Questo comporta esentare dall'imposta la quota dei patrimoni che eccede il milione e 200.000 euro (con l'attuale aliquota dello 0,1%).

Se possiedo un milione e 200.000 euro a deposito pago 1200 euro, se possiedo 12 milioni di euro a deposito pago sempre 1200 euro, cioè 10 milioni e 800.000 euro (il 90%) sono esenti.
Perché non andare nella fascia patrimoniale oltre il milione e 200.000 euro a recuperare le risorse che attualmente si sottraggono ai piccoli e piccolissimi patrimoni?
Notare come viene presentata l'imposta: "si paga da un minimo di 34,20 euro ad un massimo di 1200"; questo modo di procedere appare bilanciato se non si chiarisce che i 34,20 euro li pagano tutti, anche chi avesse depositato solo 50 euro, mentre oltre i 1200 euro non si paga nulla!

Ovvero, i micropatrimoni pagano secondo aliquote stratosferiche ... che possono rasentare l'assurdo (pensate: 34,20 euro su 50 o 100 euro di azioni di Banca Etica, corrispondenti al 62% o il 32% del capitale), i grandi patrimoni pagano secondo aliquote progressivamente decrescenti, dallo 0,1% allo 0,01% ... fino a divenire insignificanti (tanto più insignificanti quanto più son grandi, enormi, monster).

La progressività dovrebbe essere una caratteristica del nostro ordinamento tributario; l'art. 53 della Costituzione disporrebbe in tal senso:
"Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività".
In questo caso si è deciso l'esatto contrario: chi potrebbe contribuire di più pagherà di meno. Questo provvedimento è incostituzionale e potrebbe essere impugnato da qualsiasi cittadino italiano!

Tutto questo non vi riporta alla mente quel motto del capitalismo:
"Togliere poco a molti per dare molto a pochi"?
Ma che bella pensata, Signor Ministro e Signor Presidente del Consiglio!

E voi amiche e amici, riflettete e agite di conseguenza! Pensate a quale taglio (nel senso di prospettiva) volete dare alla politica del bel paese ... tra qualche mese!

mercoledì 5 dicembre 2012

Città di Albignasego

Sabato scorso, 1° di dicembre, Albignasego è divenuta "Città".

Nel concreto non è cambiato nulla, ma da sabato è iniziato un percorso che dovrebbe portare ad un consolidamento delle 8 comunità locali, attualmente arroccate attorno alle rispettive parrocchie (Sant'Agostino, Mandriola, Ferri, San Tomaso, San Lorenzo, Carpanedo, Lion, San Giacomo), in una realtà cittadina che è, in buon parte, ancora da inventare.
E quale paradigma potrebbe essere più adatto per favorire questo percorso se non quello della fraternità?

A Genova se n'è discusso, portando esperienze positive e costruttive:
  • La fraternità, nell’attuale processo di globalizzazione, è considerata dalla “Carta di Genova”, promossa e sottoscritta dal Comune del capoluogo ligure, insieme all’Associazione Città per la Fraternità, il 14 maggio 2011, un principio decisivo “per ridare senso e vigore alla libertà, per ridefinire funzione e ruolo degli Stati–Nazione, per rispondere alla crisi delle forme di organizzazione collettiva che segnarono la storia del secolo scorso, per armonizzare la molteplicità di religioni, etnie e culture esplose nelle società dell’occidente”.


Testo Alternativo 

giovedì 29 novembre 2012

Ilaria Capua e l'Open Source

Ilaria Capua, veterinaria appassionata del suo lavoro, ricercatrice esperta ed aperta.

Sito di Ilaria Capua.

Qui un articolo di Gian Antonio Stella sul Corriere:

Ilaria Capua, ovvero "I virus non aspettano".

L'impostazione che Ilaria Capua ha dato al suo lavoro e alla sua equipe di ricerca ha qualcosa in comune con l'Open Source Economy e l'Open Business Model?

lunedì 26 novembre 2012

Il ruolo della donna nella chiesa e nella società

PARIGI


La presidente del Movimento dei Focolari Maria Voce, meglio conosciuta come EMMAUS, alle Settimane Sociali di Francia.

È al cuore dei tre giorni parigini della sessione 2012 delle Semaines Sociales (23-25 novembre) che si svolge l’intervento di Maria Voce, nella plenaria del 24 pomeriggio, su “Uomini e donne nella chiesa”. Non è una questione di potere, ma di amore, è il messaggio che emerge dal suo discorso, sull’argomento affrontato insieme al teologo Alphonse Borras e alla caporedattrice della rivista cattolica francese Pèlerin, Anne Ponce.

In una istituzione in cui la gerarchia è maschile, quale riconoscimento dare al contributo sempre maggiore delle donne? È la domanda da cui prende spunto il pomeriggio. Maria Voce interviene volentieri, presentando la testimonianza di una donna a capo di un Movimento dalla composizione variegata e a diffusione mondiale fondato da una donna, Chiara Lubich e che – come sancito dagli Statuti – sarà sempre guidato da una donna. Un Movimento che ha nel suo dna l’unità nella distinzione, per cui l’esercizio della responsabilità è praticato congiuntamente da uomini e donne.

Maria Voce sottolinea prima di tutto come il ruolo dell’uomo e della donna debba essere compreso «alla luce del disegno di Dio sull’umanità. Creati da Dio «a sua immagine e somiglianza» (Gn 1,26), essi sono chiamati a partecipare alla Sua vita intima e a vivere in comunione reciproca d’amore, sul modello di Dio che è Amore, Trinità. Per cui la dignità dell’uomo e della donna trova fondamento in Dio creatore. Se la donna non può accedere alla carriera ecclesiastica, ella detiene il più grande dei carismi: l’amore. La donna può rispecchiarsi in Maria, la creatura più grande che esista, in Colei che ha vissuto l’amore in modo perfetto».

Dopo aver ripercorso a grandi linee la storia e la composizione del Movimento dei Focolari, Maria Voce si chiede: «Come fare per tenere unite tutte queste persone, in un’unica famiglia? Nel Movimento dei Focolari si dà più importanza alla vita che alle strutture, anche se utili». Negli anni la Chiesa ha messo spesso alla prova questa struttura «in modo particolare riguardo alla presenza di una donna, Chiara Lubich, come fondatrice e Presidente. I tentativi di annessione, o di messa sotto tutela della gerarchia ecclesiastica sono stati numerosi. Inizialmente sembrava che a capo del Movimento dovesse esserci un uomo e possibilmente un sacerdote. Chiara, e con lei tutto il Movimento, ha sempre avuto un’obbedienza incondizionata al volere della Chiesa. La frase evangelica “Chi ascolta voi, ascolta me” (Lc 10,16) doveva essere sempre rispettata, anche se le sembrava che un uomo a capo di quest’Opera ne avrebbe alterato la natura stessa che, nessuno meglio di lei, sapeva nata da Dio e non da progetto umano».

Questo per sottolineare che «il riconoscimento della donna nella Chiesa necessita di una specie di “lotta”, cioè di una fedeltà a se stessi, alla propria coscienza e, in ultima analisi, al piano di Dio. Ma una “lotta” che, in questo caso, per Chiara ha avuto le caratteristiche di una “Pasqua”, cioè di una morte e di una resurrezione, che ha permesso il manifestarsi pienamente del disegno di Dio, la Sua volontà, sul ruolo della donna».

«Questa presidenza femminile – continua Maria Voce – è molto significativa: indica una distinzione fra il potere di governo e l’importanza del carisma». È un messaggio lanciato alla Chiesa «per sottolineare la priorità dell’amore, priorità che non è un monopolio solo femminile. Certo che la donna, data la sua predisposizione alla maternità, ha una grande capacità d’amore che le dà di percepire dentro di sé quanto l’altro sta vivendo, così come solo una madre può fare…». Maria Voce sottolinea che il “vero” potere risiede nell’amore evangelico che genera la presenza di Gesù in mezzo alla comunità, affermando che quando si costruisce qualcosa su questa base «si opera un capovolgimento straordinario».

«L’unità fra l’uomo e la donna resta sempre in un equilibrio precario – continua la presidente dei Focolari –. L’uno deve sempre riscoprire il valore dell’altro, ed entrambi non dimenticare che la diversità è una ricchezza; né devono stancarsi di ricominciare ogni volta a ripercorrere la via regale del dialogo». E un’Opera che «vuol dar testimonianza dell’unità della famiglia umana deve, prima di ogni altra cosa, assicurare in se stessa l’unità», con la coscienza – ricorda in conclusione – «che una qualsiasi struttura ecclesiale non vive in funzione di se stessa ma per il bene dell’umanità in cui è immersa».

domenica 25 novembre 2012

L'uomo non separi ciò che Dio ha unito

"L'uomo non separi ciò che Dio ha unito" (Mt. 19,8).

Parole eterne, che, dopo aver varcato i secoli, varcheranno i millenni.

Chi può sapere ciò che Dio ha unito? Come e perché Dio ha unito? E chi o che cosa è, in verità, questo Dio di cui spesso si discorre?

Eccoci ritornare col pensiero alla domanda ultima: lo scopo!

Qual è lo scopo della vita, della nascita e della morte?

Senza padre non ci possono essere figli, ma perché nessuno mai parla della madre?
Non è forse ella indispensabile almeno quanto, se non di più del ... padre?

Senza un Creatore che fa di due corpi uno, che lega cielo e terra, che unisce materia e spirito, natura e uomo con legami indissolubili, non vi può essere alcuna realtà esistente.

Siamo come bambini tra le braccia della madre: voluttuosi succhiamo la linfa celeste e neppure ce ne rendiamo conto!

Chi unisce i gameti per generare gli esseri viventi?
Chi dà forza alla gravità e crea i sistemi solari, stellari, galattici?
Chi attira le particelle elementari a formare l'atomo?

Chi mai potrà prevedere fattezze, carattere e sorte della creatura che si sviluppa - e ripeto, nessuno sa come faccia! - dalla penetrazione e fusione dello spermatozoo con l'ovulo? Impossibile, anche analizzando la base genetica dei due, dedurre la genetica risultante dalla loro unione!

Chi o che cosa potrà mai separare due che si amano? Unità indissolubile dei diversi!

Nessuno potrà mai separare l'amore da se stesso, perché l'amore si ha quando si dà, l'amore trionfa quando ci viene tolto. Nell'amore donato sta la ricetta della felicità.
Quando Gesù, uomo che passò in mezzo agli uomini beneficando tutti, fu tolto a sua madre, ai suoi amici, a coloro che egli amava e che l'amavano a loro volta, nel pieno del dolore e della desolazione, proprio allora ritornò con potenza e gloria come il più bello tra i figli degli uomini.

Egli rimarrà per sempre nella storia del mondo come un faro acceso che indica la direzione ed illumina il cammino dell'umanità, che lo si riconosca o lo si rinneghi.

Il Creatore ha unito Dio all'Uomo con un legame d'amore e nulla e nessuno potrà mai separarli.

L'Uomo non divida ciò che l'unisce a Dio.

giovedì 22 novembre 2012

Una proposta per passare attraverso la crisi

Se la crescita è la causa della crisi, come potrebbe esserne la soluzione?

Come possiamo continuare a prosperare se il pianeta ha risorse limitate e pare non ci sia neppure abbastanza cibo ed acqua per tutti?

Le politiche economiche e sociali messe in atto dai governi sono adeguate per creare maggiori opportunità di occupazione, specialmente per i giovani?

Come dovrebbero impegnarsi le varie formazioni politiche e sociali, cioè partiti, sindacati, movimenti, associazioni, chiese, confederazioni delle imprese e dei lavoratori, per rispondere al malessere percepito dai cittadini?

A tutte queste domande, e molte altre, prova a rispondere questo articolo, pubblicato sul sito del Movimento per la Decrescita Felice, gentilmente segnalatoci da Massimo Montelatici (coordinatore MDF di Padova):

Proposta di confronto su un progetto per superare la crisi, creare un'occupazione utile e dare un futuro ai giovani

Se volete approfondire la conoscenza qui trovate i prossimi appuntamenti di MDF nella zona di Padova.

mercoledì 21 novembre 2012

L'Open Business Model

Traggo da un articolo a cura di Jacopo Amistani Guarda pubblicato sul sito Open SourceEcology Italia, alcuni principi dell’Open Business Model.

I principi base su cui poggia l'Open Business sono:

  • Condivisione/insegnamento aperto: un principio fondamentale è la collaborazione aperta a tutti i livelli e in tutti i luoghi.
  • Partecipazione aperta: sollecitazione a partecipare alle attività dell’organizzazione (un po' come accade in SourceForge, Blender, dove i membri facenti parte della community si prodigano in prima persona per incrementare il numero delle persone coinvolte nel progetto).
  • Diritti individuali: ogni persona è supportata ed incoraggiata ad individuare quelle attività in cui pensa di poter dare maggiore apporto produttivo, o che più gli si adattano e nel contempo gli permettano di crescere sia professionalmente che personalmente.
  • Focus della comunità: le attività di produzione sono viste come parte integrante di una serie di attività tipiche della vita di tutti i giorni: vita in famiglia, vita sociale, necessità di culto, e devono interconnettersi con successo all'interno di questo quadro.
  • Libertà dalle istituzioni: l'organizzazione non si basa né si appoggia a nessuna istituzione preesistente (stato, istituzioni religiose, ecc...). I membri sono liberi di mantenere all'interno della comunità qualsiasi ideale o principio importante per loro.
  • Conoscenza aperta: si promuove il libero scambio di conoscenza, facendo uso, per quanto possibile, dei prodotti, degli standard e dei principi sui cui si fonda l'idea di Open.
  • Libero accesso ai dati: è incluso il libero accesso ai dati privati “non sensibili” di un Membro facente parte della community (parlando chiaramente di dati preventivamente concordati con i membri dell'organizzazione).
  • Finanza trasparente: tutte le informazioni relative ai fondi destinati al progetto, alle transazioni ai profitti ecc. devono essere visibili a tutti in maniera trasparente.

Altri dettagli …

  • Conoscenza. Tutta la conoscenza e le informazioni sono accessibili e condivisibili tra i membri della community (ma anche tra coloro che non ne fanno parte, con ovvie restrizioni su determinate tipologie di dati). Tutta la conoscenza e l'informazione acquisita o sviluppata in un determinato luogo (documentazione cartacea, database locali, ecc...) deve essere posta in uno spazio accessibile a tutti (ad esempio su un server internet). La conoscenza deve diventare disponibile a tutti appena sviluppata e non in un secondo momento, ed è gestita dai partecipanti all'Open Business in questione.
  • Finanze. Il profitto netto è diviso tra i membri a seconda del loro contributo individuale (visibile a tutti). Il guadagno personale del singolo è stabilito in base alle competenze personali e professionali, alle ore lavorate, ai risultati ottenuti, ecc...
  • Gestione. Il Management è solo un altro modo per ottimizzare e migliorare la gestione del gruppo (es. primus inter pares). Le decisioni scaturiscono da un processo aperto e continuo che passa attraverso fasi di votazione e discussione che coinvolgono tutti i membri del gruppo. I ruoli gestionali all’interno dei progetti ruotano continuamente.
  • Membri. Il grado di partecipazione degli utenti può variare. Qualunque persona può essere un membro, a prescindere da: razza, colore della pelle, sesso, visione politica, religione ecc... Ciò può avvenire tramite approvazione della maggioranza dei membri già iscritti o tramite un processo di registrazione online che certifichi l'identità della persona che si sta iscrivendo. Il grado di partecipazione al progetto dipende dalle competenze sociali e professionali del singolo individuo e in base a delle regole di business e di organizzazione stabilite dall'intera community. I membri devono poter decidere a grandi linee il loro orario e luogo di lavoro: un orario prefissato dalle 8 alle 18 da lunedì a venerdì, come in un lavoro normale, oppure un orario più personalizzato per assecondare i bisogni e le necessità dei partecipanti.
  • Livelli di apertura. Open Business è un’attività commerciale dove la partecipazione nell'impresa è il più possibile aperta al pubblico promossa a tutti i livelli dell’organico aziendale.
  • Partecipazione software.
  • Rendiconto finanziario.
  • Operazioni.
  • Dichiarazioni fiscali.

Il suo obiettivo ultimo è la creazione e la condivisione di ricchezza.
Cit; Wikipedia: http://it.wikipedia.org/wiki/Business_aperto.

Trovate l'articolo completo qui:

Distributed enterprise

martedì 20 novembre 2012

Cibo: una faccenda di relazioni

Da "Terre di Loppiano", fornitore di prodotti biologici toscani per il GAS MANDRIOLA ci giunge la newsletter nella quale, tra il resto, leggiamo questa informativa, che ci trova molto d'accordo.

Un grazie a tutti quanti hanno partecipato ai nostri eventi durante Loppiano Lab 2012. Sono stati momenti costruttivi e conviviali durante i quali abbiamo avuto l’occasione di conoscerci e approfondire argomenti a noi cari. Importante è stato il momento di incontro “Cibo: una faccenda di relazioni” con il prof. Luigino Bruni e il prof. Benedetto Rocchi durante il quale è stato sottolineato il forte legame che c’è tra cibo ed economia, un rapporto che esprime non semplicemente lo scambio di una merce, ma una relazione che ha una base interpersonale, politica e religiosa. Forte è stato l’invito a ritornare alla terra, alle nostre origini, per recuperare valori e lavori che possono essere una risposta al momento storico che stiamo vivendo. Numerosi i partecipanti anche alla serata di degustazioni che si è svolta sabato sera in un ambiente familiare, serata durante la quale sono stati degustati e gustati gli ottimi vini Terre di Loppiano, taglieri con crostini e formaggi e salse tipiche siciliane.
Sulla nostra pagina Facebook è possibile vedere le foto dei vari momenti.
Sulla scia di questo stimolante e interessante evento nel corso del 2013 vorremmo proporre altre iniziative Food sulle quali vi terremo aggiornati.

Chi volesse iscriversi alla newsletter può andare sul sito di Terre di Loppiano, trova il link nella pagina seguente (in basso a destra):

Laboratorio a Terre di Loppiano

Il Copyleft avverso il Copyright

Sto approfondendo la conoscenza dell'Open Source.

Letteralmente Open Source significa Sorgente aperta, in pratica io lo intendo così:

Processo attraverso il quale un'opera d'arte o dell'ingegno, un'invenzione, una scoperta scientifica o un ritrovato tecnologico vengono messi gratuitamente a disposizione dall'autore (inventore/scopritore) per l'utilizzo da parte della comunità umana.
Chiunque ne abbia le capacità e la volontà, ha il diritto di modificare l'opera dell'autore per migliorarla o adattarla a diverse esigenze senza poter accampare alcun diritto d'autore sulle modifiche apportate, né tanto meno sulla copia originale.
E questo si chiama copyleft, cioè diritto gratuito di copia e dovere di trasmettere questo diritto, in opposizione al copyright, diritto d'autore, dovere di citazione e dovere di pagamento delle royalties all'autore.

Mentre il copyright rimane all'autore e produce un'accumulazione di risorse sullo stesso autore, il copyleft si propaga indefinitamente per tutta la catena di vita del prodotto e di tutte le sue eventuali versioni modificate nel tempo, di fatto distribuisce le risorse prodotte a tutti gli utilizzatori a valle.

La piattaforma Open Source su cui produco questo blog è Ubuntu (Linux based).
Cosa significa Ubuntu? Qui ho trovato una spiegazione che mi è molto piaciuta:

Ubuntu, una saggezza ancestrale

mercoledì 14 novembre 2012

Alien scontro finale

Il titolo del post ha molto a che vedere col suo contenuto, lo capirete leggendolo.

Il dibattito sulla legge elettorale, originato dal pronunciamento popolare di due estati fa (in due mesi si raccolsero oltre 1 milione di firme popolari per chiederne la riforma), si sta progressivamente trasformando in quello che appare come un dibattito salottiero tra esperti del settore.
Ma esperti di cosa?
Sicuri che si tratti di esperti costituzionalisti?

Nell'articolo del senatore del PD Stefano Ceccanti riportato per intero al link seguente:

Legge elettorale: ritrovare il bandolo

si legge, subito alle prime righe:

"Anzitutto una premessa: com'era ovvio il dibattito ha finito per incanalarsi sulla questione di gran lunga più rilevante per una forma parlamentare di una grande democrazia, quella di come attraverso l'elezione dei parlamentari si forma una maggioranza di Governo. Un obiettivo rispetto al quale il rapporto col singolo parlamentare è obiettivamente molto meno rilevante."

Siete d'accordo con l'affermazione del senatore Ceccanti?

Io no.

La questione di gran lunga più rilevante per una forma parlamentare di una grande democrazia è come attraverso l'elezione dei parlamentari si forma una maggioranza legislativa. Perché è il Governo che governa ed è il Parlamento che legifera. Non si è sempre detto che nelle grandi democrazie liberali la separazione tra i poteri è fondamentale e, tra l'altro, costituzionalmente garantita?

A qualcuno di noi può sembrare una pignoleria, ma se andate ad osservare le (vere) grandi democrazie, vedrete quanto grande è la separazione tra i due poteri (legislativo ed esecutivo), ad esempio in Francia o negli Stati Uniti.
Tanto è grande la separazione che può accadere (ed è realmente accaduto) che si eleggano Governi e Parlamenti di opposto colore, entrambi legittimamente in carica ed autonomi ognuno nella propria sfera di competenza. Di più, negli Stati Uniti accade pure che nel Congresso e nel Senato si formino due maggioranze difformi (non è solo un gioco di parole ... nella diversità sta la possibilità della vera unità).

Ma non ho finito: il primo obiettivo della legge elettorale parlamentare in un sistema democratico definito come "rappresentativo" è certamente quello di iniziare e mantenere un rapporto vitale degli elettori con il singolo parlamentare. Come può il senatore Ceccanti affermare che tale rapporto "è obiettivamente molto meno rilevante" della formazione di una maggioranza parlamentare qual si voglia?

Io una spiegazione al suo argomentare ce l'avrei, ma non potendo giudicare il suo personale pensiero politico, che ho scelto di rispettare sempre, vi propongo la visione politica di un grande democratico del secolo scorso: Jacques Maritain.
Ve la propongo invitandovi a rileggere il nostro post del 9 settembre 2011:

Alcune riflessioni sui prossimi Referendum elettorali

Ma siccome so che il vostro tempo è tiranno (o denaro, il che non cambia una virgola), vi riporto qui, per vostra comodità, le parole del grande filosofo francese:

"I governanti essendo stati fatti vicari del popolo ed essendo la sua immagine, sono investiti per partecipazione - nei limiti dei loro poteri - di quella stessa autorità e di quello stesso diritto di governare che sono per essenza del popolo. Essi non sono i semplici strumenti di una mitica volontà generale; sono i veri governanti del popolo; devono prendere le loro decisioni conformemente alle leggi di quello specifico ramo dell'etica che è l'etica politica, al giudizio della loro virtù ..."
da "L'uomo e lo Stato" di J. Maritain

Liberi cittadini in un libero parlamento, di questo ha bisogno il nostro paese, l'Italia, l'Europa, il mondo.

P.S.: allora ... adesso avete capito chi è l'Alien, vero? Quando avrete più tempo andate a rileggere il post Alcune riflessioni sui prossimi Referendum elettorali, è ancora utile ... anche alla luce del fatto che poi a votare i referendum non ci siamo potuti andare! Un popolo senza memoria non è un popolo libero ...

P.P.S.: e se avete altro tempo a disposizione andatevi a rileggere anche questo post: Stabilità vs governabilità, molto utile per comprendere a chi interessa la governabilità del parlamento ...

venerdì 9 novembre 2012

Per una "Lista dei cittadini" e per un "Patto di cittadinanza"

Ieri sera ci siamo trovati. Sei semplici cittadini, appartenenti al Movimento Civico "io decido X Albignasego", due di loro eletti in Consiglio comunale, ma uguali agli altri quattro, cioè "semplici" dentro e fuori.
Il tema della riunione era:
Posizionamento in occasione degli appuntamenti elettorali della primavera 2013.
Abbiamo esaminato, nel tempo che ci era concesso, le varie formazioni politiche e civiche che si preparano alla campagna elettorale nazionale e locale.
Ci pareva di non riconoscere alcun partito o movimento che sorgesse autenticamente dalla cittadinanza; dietro le quinte faceva sempre capolino qualche personaggio importante, a livello locale o nazionale, qualcuno che è già installato nelle stanze del potere o che è amico di qualcuno che ne possiede comunque le chiavi.
Abbiamo verificato, ancora una volta, che non succede praticamente mai che una lista elettorale si formi per aggregazione democratica spontanea dei cittadini.
Eppure questo sta scritto nella nostra Costituzione:
"Art. 49.
Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale."

Tutti, liberamente, democratico ... questi tre aggettivi mi hanno sempre impressionato.
Oggi, al contrario, sentiamo da più parti proclamare, in particolare da coloro che sono precedentemente scesi in campo in politica, che alcuni sono eletti e parlano e tutti gli altri son peones ed ascoltano, che esiste una disciplina di partito alla quale bisogna necessariamente attenersi, soprattutto in campagna elettorale, che sono state prese delle decisioni, ma non si capisce esattamente da chi, che si garantiscono le stellette a chi si farà certificare, ma non si sa come il certificatore abbia acquisito tale facoltà e, per concludere alla grande, che il nemico di ieri è l'amico di domani (e viceversa) e quindi bisogna anche stare attenti a misurare le parole e gli atti.
Io una cosa ho capito, dopo un lungo e faticoso percorso di educazione personale: sono nato libero ed il mio destino è rimanere tale.
Se le attuali formazioni politiche non mi aiutano in questo, ho bisogno di crearne di nuove, di veramente nuove.
Formazioni politiche dove ognuno si sente "libero" di prendere la parola, ma non per insultare l'altro o il presunto nemico, "libero" di fare una proposta concreta che tutti gli altri ascolteranno con attenzione e se si rivelerà valida si prenderanno decisioni concrete per attuarla.
Vedo, al contrario, gente che si agita per acquisire visibilità ... in vista di un consenso che è un investimento elettorale. Persone che provocano gli altri allo scontro verbale, alla rissa istituzionale. Gruppi che difendono con le unghie e con i denti i propri privilegi, conquistati con anni di dura competizione con l'avversario dichiarato o tramite lotte intestine alla stessa formazione politica in cui militano.
E tutti quanti, anche se ladrona, mirano a Roma.

Allora, la facciamo questa "Lista dei Cittadini" di Albignasego?

Perché la si possa fare occorre un comitato, anche ristretto, che avanzi una proposta di intesa, potremmo chiamarlo "Patto di cittadinanza", da esporre in pubblico dibattito, in una sala abbastanza capiente per contenere la grande voglia di riscatto di coloro che sono nati liberi e hanno intenzione di rimanerlo.

Ci risentiamo a breve ... intanto vediamo le vostre reazioni spontanee ...

martedì 6 novembre 2012

Dallo stallo dei partiti alle stelle dei movimenti?

«E se si voterà ancora con le liste bloccate del Porcellum? Si rendano quantomeno obbligatorie le elezioni primarie di partito e di circoscrizione, per l'individuazione dei candidati da inserire nelle liste e con quale graduatoria. È un doveroso tributo alla democrazia e alla sovranità dei cittadini. In caso contrario, al "de profundis" dei partiti farà seguito il "dies irae": astensionismo alle stelle e aumento del voto di protesta. E non serviranno prefiche da pagare per piangere ai funerali.» di Marco Fatuzzo (Città Nuova 05-11-2012).

Conclusione amara di un articolo infuocato
da leggere tutto d'un fiato
astensionismo alle stelle
o voto alle 5 stelle?
Io dico che c'è una terza via, e un accenno lo trovate nel titolo del post ...

Ecco l'articolo di Marco Fatuzzo su Città Nuova:

Finte schermaglie per non cambiare (quasi) nulla

martedì 30 ottobre 2012

Inno all'Europa

Vogliono toglierci ciò che abbiamo di più prezioso, la nostra comune cittadinanza europea.

Oggi ricevo da un amico un messaggio speciale,
qualcosa che fa ben sperare,
qualcosa che aiuta a sopportare
questi "mala tempora" e non mollare. 

Prendetevi 5 minuti e gustatevi questo video strepitoso! 

Inno all'Europa 

Il tedesco cantato è una delle lingue più melodiose ... ma qui, dell'originale Sinfonia n. 9 di Ludwig van Beethoven ci mancano molte parole ... rimediamo subito. Eccole qui, tradotte in italiano, le parole dell'Inno alla Gioia di Friedrich Schiller:

O amici, non questi suoni!
ma intoniamone altri
più piacevoli, e più gioiosi.

Gioia, bella scintilla divina,
figlia degli Elisei,
noi entriamo ebbri e frementi,
celeste, nel tuo tempio.
La tua magia ricongiunge
ciò che la moda ha rigidamente diviso,
tutti gli uomini diventano fratelli,
dove la tua ala soave freme.

L'uomo a cui la sorte benevola,
concesse di essere amico di un amico,
chi ha ottenuto una donna leggiadra,
unisca il suo giubilo al nostro!
Sì, - chi anche una sola anima
possa dir sua nel mondo!
Chi invece non c'è riuscito,
lasci piangente e furtivo questa compagnia!

Gioia bevono tutti i viventi
dai seni della natura;
tutti i buoni, tutti i malvagi
seguono la sua traccia di rose!
Baci ci ha dato e uva, un amico,
provato fino alla morte!
La voluttà fu concessa al verme,
e il cherubino sta davanti a Dio!

Lieti, come i suoi astri volano
attraverso la volta splendida del cielo,
percorrete, fratelli, la vostra strada,
gioiosi, come un eroe verso la vittoria.

Abbracciatevi, moltitudini!
Questo bacio vada al mondo intero Fratelli,
sopra il cielo stellato
deve abitare un padre affettuoso.

Vi inginocchiate, moltitudini?
Intuisci il tuo creatore, mondo?
Cercalo sopra il cielo stellato!
Sopra le stelle deve abitare!

mercoledì 24 ottobre 2012

FIL vs PIL: l’esperienza del Bhutan

Nel Bhutan, regno himalayano ricco di miti e leggende, un paese dove acquistare sigarette è illegale, si sta valutando un altro indice detto "Felicità Interna Lorda" (FIL).
Questo singolare parametro sta riscuotendo interesse a livello mondiale, perché è stato utilizzato come indicatore della felicità umana indipendentemente dal benessere materiale, che è contrassegnato dal "Prodotto Interno Lordo" (PIL).
Invece che basare lo sviluppo sulla crescita economica, il Bhutan lo misura in base alla felicità delle persone.
Il 96,7% dei suoi abitanti ha dichiarato di essere molto felice, nonostante non sia un paese ricco.
Il FIL rappresenta un nuovo approccio filosofico allo sviluppo: in altri termini, l’indice non si limita a valutare la ricchezza materiale, bensì prende in considerazione soprattutto la ricchezza mentale.
In Bhutan, per misurare la felicità (FIL), conta:
  • promuovere uno sviluppo economico imparziale e uno sviluppo generale
  • mantenere un ambiente naturale ricco e uno sfruttamento sostenibile
  • proteggere l’eredità culturale, tramandare e promuovere la cultura tradizionale
  • stabilire e mantenere un buon governo.
Ma poiché questi aspetti non possono essere espressi numericamente, attualmente un gruppo di ricerca bhutanese sta lavorando per sviluppare un’espressione quantitativa del FIL, nella quale le quattro voci sono ulteriormente suddivise nei seguenti nove parametri misurabili:
  • standard di vita basilari
  • differenza e diversità culturali
  • ricchezza di emozioni e sentimenti
  • salute fisica e mentale
  • livello di istruzione e di cultura
  • gestione del tempo e progettualità di vita
  • ambiente ed ecologia
  • grado di attività (o disponibilità a lavorare con gli altri) all’interno di una comunità 
  • stabilire e mantenere un buon governo.
I politici del paese si impegnano per mantenere un buon equilibrio tra un’alta qualità morale, la felicità e la crescita economica, in una società che riconosce l’individualità di ognuno, dove le relazioni umane sono valorizzate e le persone possiedono le capacità emotive per esprimere empatia verso gli altri.
Gli abitanti del Bhutan sono convinti che la crescita economica non sia una misura valida della felicità umana, perché sanno bene che non c’è limite al desiderio di beni materiali e non è poi così interessante possedere tante cose. Essi vivono e praticano i principi buddisti di carità e compassione (kasha), offrire e donare (fuse) e non possedere beni (mu-shoyuu) predicati dal Mahatma Gandhi in India.
Un insegnamento prezioso quello del popolo bhutanese, che ci porta inevitabilmente ad una riflessione, in un periodo in cui i valori umani sono troppo trascurati a favore di un alienante individualismo egoista; la lezione che ci danno si fonda proprio sulla valorizzazione della “relazione” fra esseri umani e fra essere umani e natura. Inoltre il successo o la maturità sono considerati il risultato di un processo  di crescita del cuore e dello spirito piuttosto che dell’accumulo di ricchezze.
Provate a “dare i numeri” sulla base dei nove parametri al vostro paese … vi farete grasse risate!

Rielaborazione da Sustainability and Buddhism, The Journal of Oriental Studies, vol.20.

Felicità, Pil e ricchezza materiale

 

Sui giornali e in TV ogni giorno gli economisti parlano di produttività, competitività e innovazione per rilanciare la crescita. Crescita che viene cercata, invocata, desiderata, ma che non si riesce a rilanciare. Ci dicono che siamo dentro al tunnel, ma cominciamo a vedere la luce, il Pil sale di mezzo punto, ma poi scende di nuovo. Sinceramente, tutto questo mi sembra un delirio. Per fortuna che qualcuno, anzi molti, iniziano a ragionare diversamente, come le centinaia di persone che hanno partecipato a Venezia, nello scorso settembre, alla terza Conferenza internazionale sulla decrescita. Come le migliaia di persone che si interrogano e iniziano a praticare concretamente la “decrescita felice”. Sempre più persone hanno capito che la felicità, il benessere, la qualità della vita non hanno alcuna relazione diretta con la ricchezza materiale. Avere molto non significa stare bene. Al contrario, staremo meglio se sapremo proporci come obiettivo non il meno, ma il meno quando è meglio. Il Movimento per la decrescita felice ( www.decrescitafelice.it ) propone una rivoluzione dolce, fatta di semplicità, di ragione e di rispetto, che si fonda sulla scelta di ridurre la produzione e il consumo delle merci che non soddisfano bisogni. Propone un cambio di paradigma per spostare la priorità dalla crescita del Pil alla crescita dell’occupazione in lavori utili, ovvero finalizzati a ridurre gli sprechi. Sono convinto che dalla crisi di oggi – che è ambientale, energetica, morale e politica, oltre che economica – si potrà uscire se la società del futuro saprà accogliere un sistema di vita e di valori fondato sui rapporti tra persone, sul consumo responsabile, sul rifiuto del superfluo.
Luca Salvi, MDF Verona

(Pubblicato su Avvenire, 18/10/12)

sabato 6 ottobre 2012

5 ottobre 2012, San Francesco di Assisi

“In una fase di incertezza e inquietudine affermare la nozione di ‘bene comune’ e ’interesse generale’ che spinga ad una più diffusa presa di coscienza morale e civile nelle istituzioni e nei comportamenti individuali”

Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e il Cardinale Gianfranco Ravasi hanno inaugurato ad Assisi, con un dialogo sul tema 'Dio, questo sconosciuto. Dialogo tra credenti e non credenti', il 'Cortile dei gentili', iniziativa proposta da Benedetto XVI e promossa dal Pontificio Consiglio per la Cultura, per rilanciare il dialogo tra non credenti e credenti. "La considerazione che traggo in definitiva da questa mia rapida perlustrazione - ha detto il Presidente Napolitano - è di un senso del limite e di un'apertura della nostra tradizione laica, che hanno favorito un clima di dialogo e di comprensione, più che in altri paesi dell'Europa occidentale, tra credenti e non credenti in Italia".

"Si tratta, naturalmente, - ha continuato il Capo dello Stato - anche di un fattore concorrente all'evoluzione dei rapporti tra Stato e Chiesa nel quadro di riferimento offerto dalla Costituzione repubblicana. L'impegno - sancito nel 1984 nell'Accordo di revisione del Concordato - 'alla reciproca collaborazione per la promozione dell'uomo e il bene del paese', ha conosciuto sviluppi concreti, in un'atmosfera fiduciosa, ed è destinato ad assumere oggi contenuti nuovi, a rispondere a nuove sfide".

"La società italiana - ha rilevato il Presidente Napolitano - sta attraversando una fase di profonda incertezza e inquietudine, nella quale forse sarebbe da rivisitare e più fortemente affermare la nozione di 'bene comune' o quella di 'interesse generale'. E ciò non solo per proseguire, rafforzandola, la collaborazione tra Stato e Chiesa nell'ottica dell'Accordo del 1984, ma per suscitare tra gli italiani una più diffusa presa di coscienza e mobilitazione morale e civile. La profonda incertezza e inquietudine di cui dicevo nasce certamente dall'asprezza delle prove cui l'Italia, al pari di altri paesi, è sottoposta per effetto della crisi finanziaria ed economica nel contesto di un'Europa non abbastanza unita, solidale e lungimirante. E quel che in Italia acuisce l'incertezza, e produce grave disorientamento, è l'inadeguatezza del quadro politico a offrire punti di riferimento e prospettive, percorso com'è da spinte centrifughe e tendenze alla frammentazione. Per non parlare dei fenomeni di degrado del costume e di scivolamento nell'illegalità che, insieme con annose inefficienze istituzionali e amministrative, provocano un fuorviante rifiuto della politica".

"Quel che rischia di perdersi - ha detto il Capo dello Stato - è proprio il senso del 'bene comune', dell''interesse generale', che dovrebbe spingere a una larghissima assunzione di responsabilità, ad ogni livello della società, in funzione dei cambiamenti divenuti indispensabili non solo nel modo di essere delle istituzioni ma nei comportamenti individuali e collettivi, nei modi di concepire benessere e progresso e di cooperare all'avvio di un nuovo sviluppo del paese nel quadro dell'Europa unita, uno sviluppo sostenibile da tutti i punti di vista".

Per il Capo dello Stato tutto ciò: "richiede una straordinaria concentrazione e convergenza di sforzi, ad opera di credenti e non credenti - come accadde nel clima dell'Assemblea Costituente. Sforzi da volgere soprattutto a rianimare senso dell'etica e del dovere, a diffondere una nuova consapevolezza dei valori spirituali, dei doni della cultura, dei benefizi della solidarietà, che soli possono elevare la condizione umana. Concentrazione e convergenza di sforzi che rischierebbe di essere resa più ardua, se non compromessa, dall'insorgere di contrapposizioni tra forze che si ponessero come rappresentanti sul terreno politico dei credenti o degli osservanti, da un lato, dei non credenti o non osservanti dall'altro, in particolare su questioni controverse e delicate inerenti a scelte soggettive delle persone e dei rispettivi nuclei famigliari. Mi auguro perciò sia possibile affrontare tali questioni fuori di antitetiche rigidità pregiudiziali e anche di forzose strettoie normative".

"Abbiamo bisogno - ha concluso il Presidente Napolitano - in tutti i campi di apertura, di reciproco ascolto e comprensione, di dialogo, di avvicinamento e unità nella diversità. Abbiamo bisogno, cioè, dello spirito di Assisi".
 

martedì 2 ottobre 2012

5 ottobre 2012: serata informativa sulla Ex C&C a Due Carrare

Partecipiamo tutti alla proiezione del documentario:

EX-C&C DI PERNUMIA,
UNA MINACCIA PER IL NOSTRO TERRITORIO

che si terrà venerdì 5 ottobre, alle ore 21:00, presso la Casa dei Carraresi a Due Carrare (vicino alla chiesa di S.Giorgio). 

Il documentario ha la finalità di informare la cittadinanza sul pericolo che incombe sulla salubrità del suolo che coltiviamo, delle acque che utilizziamo, dell’aria che respiriamo. 

Le 52.000 tonnellate di rifiuti tossici abbandonati dal 2005 nei capannoni della ex MAGRINI GALILEO in territorio di Pernumia, ma ai confini con Battaglia Terme e Due Carrare, rappresentano un pericolo che si può scongiurare con la partecipazione di tutti alla richiesta di bonifica da presentare agli Enti superiori (Provincia, Regione, Ministero). 

I cittadini devono fare la loro parte per la soluzione del problema! 

VISITA www.ortosociale.org

SCRIVI A comitatososcec@gmail.com

giovedì 20 settembre 2012

Cardinal Martini: l’ultima intervista

Ho atteso parecchio prima di decidermi a pubblicare l'ultima intervista rilasciata dal Cardinal Martini al Corriere della Sera. L'ho riletta oggi e ho deciso.

Come vede lei la situazione della Chiesa?
«La Chiesa è stanca, nell’Europa del benessere e in America. La nostra cultura è invecchiata, le nostre Chiese sono grandi, le nostre case religiose sono vuote e l’apparato burocratico della Chiesa lievita, i nostri riti e i nostri abiti sono pomposi. Queste cose però esprimono quello che noi siamo oggi? (...) Il benessere pesa. Noi ci troviamo lì come il giovane ricco che triste se ne andò via quando Gesù lo chiamò per farlo diventare suo discepolo. Lo so che non possiamo lasciare tutto con facilità. Quanto meno però potremmo cercare uomini che siano liberi e più vicini al prossimo. Come lo sono stati il vescovo Romero e i martiri gesuiti di El Salvador. Dove sono da noi gli eroi a cui ispirarci? Per nessuna ragione dobbiamo limitarli con i vincoli dell’istituzione».

Chi può aiutare la Chiesa oggi?
«Padre Karl Rahner usava volentieri l’immagine della brace che si nasconde sotto la cenere. Io vedo nella Chiesa di oggi così tanta cenere sopra la brace che spesso mi assale un senso di impotenza. Come si può liberare la brace dalla cenere in modo da far rinvigorire la fiamma dell’amore? Per prima cosa dobbiamo ricercare questa brace. Dove sono le singole persone piene di generosità come il buon samaritano? Che hanno fede come il centurione romano? Che sono entusiaste come Giovanni Battista? Che osano il nuovo come Paolo? Che sono fedeli come Maria di Magdala? lo consiglio al Papa e ai vescovi di cercare dodici persone fuori dalle righe per i posti direzionali. Uomini che siano vicini ai più poveri e che siano circondati da giovani e che sperimentino cose nuove. Abbiamo bisogno del confronto con uomini che ardono in modo che lo spirito possa diffondersi ovunque».

Che strumenti consiglia contro la stanchezza della Chiesa?
«Ne consiglio tre molto forti. Il primo è la conversione: la Chiesa deve riconoscere i propri errori e deve percorrere un cammino radicale di cambiamento, cominciando dal Papa e dai vescovi. Gli scandali della pedofilia ci spingono a intraprendere un cammino di conversione. Le domande sulla sessualità e su tutti i temi che coinvolgono il corpo ne sono un esempio. Questi sono importanti per ognuno e a volte forse sono anche troppo importanti. Dobbiamo chiederci se la gente ascolta ancora i consigli della Chiesa in materia sessuale. La Chiesa è ancora in questo campo un’autorità di riferimento o solo una caricatura dei media?
Il secondo è la Parola di Dio. II Concilio Vaticano II ha restituito la Bibbia ai cattolici. (...) Solo chi percepisce nel suo cuore questa Parola può far parte di coloro che aiuteranno il rinnovamento della Chiesa e sapranno rispondere alle domande personali con una giusta scelta. La Parola di Dio è semplice e cerca come compagno un cuore che ascolti (...). Né il clero né il Diritto ecclesiale possono sostituirsi all’interiorità dell’uomo. Tutte le regole esterne, le leggi, i dogmi ci sono dati per chiarire la voce interna e per il discernimento degli spiriti.
Per chi sono i sacramenti? Questi sono il terzo strumento di guarigione. I sacramenti non sono uno strumento per la disciplina, ma un aiuto per gli uomini nei momenti del cammino e nelle debolezze della vita. Portiamo i sacramenti agli uomini che necessitano una nuova forza? lo penso a tutti. Ai divorziati e alle coppie risposate, alle famiglie allargate. Questi hanno bisogno di una protezione speciale. La Chiesa sostiene l’indissolubilità del matrimonio. È una grazia quando un matrimonio e una famiglia riescono (...). L’atteggiamento che teniamo verso le famiglie allargate determinerà l’avvicinamento alla Chiesa della generazione dei figli. Una donna è stata abbandonata dal marito e trova un nuovo compagno che si occupa di lei e dei suoi figli. Il secondo amore riesce. Se questa famiglia viene discriminata, viene tagliata fuori non solo la madre, ma anche i suoi figli. Se i genitori si sentono esterni alla Chiesa o non ne sentono il sostegno, la Chiesa perderà la generazione futura. Prima della Comunione noi preghiamo: "Signore non sono degno..." Noi sappiamo di non essere degni (...). L’amore è grazia. L’amore è un dono. La domanda se i divorziati possano fare la Comunione dovrebbe essere capovolta. Come può la Chiesa arrivare in aiuto con la forza dei sacramenti a chi ha situazioni famigliari complesse?»

Lei cosa fa personalmente?
«La Chiesa è rimasta indietro di 200 anni. Come mai non si scuote? Abbiamo paura? Paura invece di coraggio? Comunque la fede è il fondamento della Chiesa. La fede, la fiducia, il coraggio. Io sono vecchio e malato e dipendo dall’aiuto degli altri. Le persone buone intorno a me mi fanno sentire l’amore. Questo amore è più forte del sentimento di sfiducia che ogni tanto percepisco nei confronti della Chiesa in Europa: solo l’amore vince la stanchezza. Dio è Amore. Io ho ancora una domanda per te: che cosa puoi fare tu per la Chiesa?».

Corriere della Sera 1 settembre 2012.

martedì 21 agosto 2012

La natura dell’uomo è rapporto con l’infinito

Se c'è una cosa che blocca l'uomo nel suo procedere verso il proprio obiettivo, questa è il pregiudizio.
Allora, perché privarsi della visione di un mondo a causa di un pregiudizio?
Per questo motivo riportiamo un brano il cui autore sarà palese solo alla fine.

Parlare dell’uomo e del suo anelito all’infinito significa innanzitutto riconoscere il suo rapporto costitutivo con il Creatore. L’uomo è una creatura di Dio. Oggi questa parola – creatura – sembra quasi passata di moda: si preferisce pensare all’uomo come ad un essere compiuto in se stesso e artefice assoluto del proprio destino. La considerazione dell’uomo come creatura appare «scomoda» poiché implica un riferimento essenziale a qualcosa d’altro o meglio, a Qualcun altro – non gestibile dall’uomo – che entra a definire in modo essenziale la sua identità; un’identità relazionale, il cui primo dato è la dipendenza originaria e ontologica da Colui che ci ha voluti e ci ha creati. Eppure questa dipendenza, da cui l’uomo moderno e contemporaneo tenta di affrancarsi, non solo non nasconde o diminuisce, ma rivela in modo luminoso la grandezza e la dignità suprema dell’uomo, chiamato alla vita per entrare in rapporto con la Vita stessa, con Dio.

Riconoscere di essere fatti per l’infinito significa percorrere un cammino di purificazione da quelli che abbiamo chiamato «falsi infiniti», un cammino di conversione del cuore e della mente. Occorre sradicare tutte le false promesse di infinito che seducono l’uomo e lo rendono schiavo. Per ritrovare veramente se stesso e la propria identità, per vivere all’altezza del proprio essere, l’uomo deve tornare a riconoscersi creatura, dipendente da Dio. Al riconoscimento di questa dipendenza – che nel profondo è la gioiosa scoperta di essere figli di Dio – è legata la possibilità di una vita veramente libera e piena. È interessante notare come San Paolo, nella Lettera ai Romani, veda il contrario della schiavitù non tanto nella libertà, ma nella figliolanza, nell’aver ricevuto lo Spirito Santo che rende figli adottivi e che ci permette di gridare a Dio: «Abbà! Padre!» (cfr 8,15). L’Apostolo delle genti parla di una schiavitù «cattiva»: quella del peccato, della legge, delle passioni della carne. A questa, però, non contrappone l’autonomia, ma la «schiavitù di Cristo» (cfr 6,16-22), anzi egli stesso si definisce: «Paolo, servo di Cristo Gesù» (1,1). Il punto fondamentale, quindi, non è eliminare la dipendenza, che è costitutiva dell’uomo, ma indirizzarla verso Colui che solo può rendere veramente liberi.

A questo punto però sorge una domanda. “Non è forse strutturalmente impossibile all’uomo vivere all’altezza della propria natura? E non è forse una condanna questo anelito verso l’infinito che egli avverte senza mai poterlo soddisfare totalmente? Questo interrogativo ci porta direttamente al cuore del cristianesimo. L’Infinito stesso, infatti, per farsi risposta che l’uomo possa sperimentare, ha assunto una forma finita. Dall’Incarnazione, dal momento in cui in Verbo si è fatto carne, è cancellata l’incolmabile distanza tra finito e infinito: il Dio eterno e infinito ha lasciato il suo Cielo ed è entrato nel tempo, si è immerso nella finitezza umana. Nulla allora è banale o insignificante nel cammino della vita e del mondo. L’uomo è fatto per un Dio infinito che è diventato carne, che ha assunto la nostra umanità per attirarla alle altezze del suo essere divino.

Scopriamo così la dimensione più vera dell’esistenza umana: la vita come vocazione. Ogni cosa, ogni rapporto, ogni gioia, come anche ogni difficoltà, trova la sua ragione ultima nell’essere occasione di rapporto con l’Infinito, voce di Dio che continuamente ci chiama e ci invita ad alzare lo sguardo, a scoprire nell’adesione a Lui la realizzazione piena della nostra umanità. «Ci hai fatti per te – scriveva Agostino – e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te» (Confessioni I, 1,1). Non dobbiamo avere paura di quello che Dio ci chiede attraverso le circostanze della vita, fosse anche la dedizione di tutto noi stessi in una forma particolare di seguire e imitare Cristo nel sacerdozio o nella vita religiosa. Il Signore, chiamando alcuni a vivere totalmente di Lui, richiama tutti a riconoscere l’essenza della propria natura di essere umani: fatti per l’infinito. E Dio ha a cuore la nostra felicità, la nostra piena realizzazione umana. Chiediamo, allora – conclude il Papa nel suo intervento al Meeting di "Comunione e Liberazione" - di entrare e rimanere nello sguardo della fede che ha caratterizzato i Santi, per poter scoprire i semi di bene che il Signore sparge lungo il cammino della nostra vita e aderire con gioia alla nostra vocazione.

Note sulla riforma della Legge elettorale

Legge elettorale, a che punto siamo?

Occorre maggiore trasparenza nel dibattito che modificherà il Porcellum: non il chiuso delle segreterie, ma il maggiore coinvolgimento dei cittadini garantirà la nostra democrazia.
di Marco Fatuzzo

Massima trasparenza nel dibattito fra i partiti sulla legge elettorale: se ne discuta in Parlamento, a porte aperte e con telecamere accese, e non nel chiuso delle trattative "carbonare" fra le segreterie dei partiti (eufemisticamente nobilitate quali consultazioni riservate). Lo ha evidenziato anche il presidente del Senato Renato Schifani.

L'appello di Napolitano.
Le settimane trascorrono senza registrare una reale accelerazione nel confronto parlamentare all’interno del Comitato ristretto, e il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano si è visto costretto, ancora una volta, a rinnovare il suo appello alle forze politiche. I partiti segnano il passo e si lanciano reciproci ultimatum, ma il "Porcellum" è ancora lì, senza che ci sia neanche l'ombra di una bozza di una seria riforma condivisa che provi a scalfirlo. Napolitano insiste: si deve fare presto. E bisogna farlo con la più ampia convergenza parlamentare, non a colpi di maggioranza. Perché ciò contribuirebbe al rafforzamento della credibilità del Paese sul piano internazionale in una fase di persistenti gravi difficoltà, anche a sostegno della delicata missione di Monti nell'eurozona.

La proposta attuale.
Il contenuto dello stato dell’arte della discussione, fino ad oggi, è noto: soglia di sbarramento al 5% a livello nazionale (e fino all'8%  in almeno tre circoscrizioni); una quota (50%?) di nominati in liste bloccate, un’altra quota (50%?) di eletti con le preferenze in collegi uninominali; premio di governabilità. Il Pdl lo vuole per il partito, il Pd per la coalizione.
Si prefigura una proposta di nuova legge elettorale intrisa di lacci e laccioli, volti a condizionare pesantemente il risultato di una elezione. Il senso di qualche correttivo avrebbe senso solo se fosse mirato a garantire una migliore governabilità (la governabilità assoluta non esiste nemmeno nella dittatura vigente in Siria) al partito o ai partiti che vincono le elezioni. Ma l’obiettivo recondito, fin troppo ovvio, è quello di neutralizzare le liste sgradite.

Le preferenze.
Merita soffermarsi, ancora un po’, solo sul tema delle preferenze. La materia è importante e delicata: riguarda i nodi fondamentali della dinamica democratica e dell’esercizio della sovranità popolare, è di interesse primario per tutti i cittadini ancor prima che dei partiti.
E i cittadini vogliono contare, ci tengono a scegliere in modo diretto i propri rappresentanti in Parlamento e non sono più disposti alla logica perversa dell’accettare supinamente "ciò che passa il convento". E cosa ha passato nelle ultime legislature il convento o meglio le conventicole dei partiti? Deputati e imputati. Nell’ultimo anno e mezzo sono state una dozzina le richieste d'arresto giunte sul tavolo della giunta per le autorizzazioni a procedere. E sono 88 i deputati e senatori, che siedono in Parlamento, e che hanno pendenze con la giustizia: alcuni già con sentenze di condanna sulle spalle, altri in attesa di processo e altri ancora rinviati a giudizio. Fra tutti costoro, ben 35 risultano condannati per reati che vanno dalla diffamazione, alla cattiva gestione di fondi pubblici di cui ora devono rispondere di tasca propria, e persino di associazione mafiosa. Altri 9 legislatori sono stati beneficiati dalla prescrizione. Tutti scelti e “nominati” in Parlamento dalle segreterie dei partiti: così, tanto per rispondere a quanti sostengono che il sistema delle preferenze sia ‘poco trasparente’ e possa favorire inquinamenti illegali del voto.

Le primarie.
L’ipotesi di assegnare una metà di seggi su liste bloccate (come ora), e metà nei collegi uninominali a che cosa porterebbe? Semplicemente al fatto che la metà dei candidati (quelli delle liste bloccate) sarebbero scelti dalle segreterie di partito, mentre l’altra metà dei candidati (quelli nei collegi uninominali), invece … pure. Con buona pace del diritto costituzionale di scelta dei propri rappresentanti in Parlamento da parte dei cittadini elettori.
Nessuno parla di proporre, quantomeno, “primarie di lista” obbligatorie, per la scelta dal basso dei nomi dei candidati da collocare nelle liste bloccate e l’ordine del loro inserimento, e “primarie di collegio” per la designazione dei candidati da far concorrere. Sarebbe il male minore, perché, almeno in una fase preliminare, i cittadini potrebbero esprimere i propri desiderata.

(da l’Espresso del 12 agosto 2012)©Riproduzione riservata

Riforma dei partiti, a quando?

Nuovi partiti? Prima una riforma degli attuali

Quattro punti imprescindibili per una seria riforma delle formazioni partitiche. La proposta del Movimento Politico per l'Unità, riporta al centro i cittadini  e il territorio.
di Marco Fatuzzo

Abbiamo contato almeno cinque nuove (o quasi) formazioni partitiche, apparse nel panorama politico italiano in tempi recenti facenti riferimento alla comune ispirazione cristiana. C’è persino un nuovo soggetto politico, promosso da un sacerdote palermitano in collaborazione con altri presbiteri del territorio isolano. Iniziative tutte già formalizzate ed operative. E si resta in attesa di conoscere le scelte che verranno dall’annunciato appuntamento di "Todi 2" nel prossimo autunno, da cui qualcuno pronostica una discesa in campo di un ulteriore soggetto politico di ispirazione cristiana.

Tutti tuonano contro il sistema partitocratico attuale, la corruzione, i privilegi della casta …. Risuona, né più né meno, l’eco dei cavalli di battaglia dei movimenti dell’antipolitica. Onestamente, dobbiamo chiederci: serve davvero, nella fase storica attuale del nostro Paese, dare vita a nuovi partiti? in generale, ed in particolare in ambito cristiano?
Questa domanda è collegata ad un’altra: il problema vero non è costituito proprio dalla crisi dell’attuale forma-partito? L’esigenza prioritaria non è invece un nuovo sistema di regole per i partiti?

Quando ci si interroga sui "costi della politica", sugli effetti perversi dell’uso dei rimborsi elettorali, in fondo ci si interroga sulla crisi dei partiti, sul loro ruolo e sulla necessità di una loro riforma. Le statistiche che riportano i dati del gradimento dei partiti da parte dei cittadini oscillano tra il 2 e il 4%. Siamo ai minimi storici. E questo è certamente frutto di una constatazione: i partiti oggi operano sempre meno sul territorio, a contatto con militanti e cittadini, e sempre più dentro lo Stato, com-portandosi essenzialmente come "macchine elettorali" finalizzate esclusivamente alla conquista delle cariche pubbliche. Ed è comprensibile come questo loro modo d'essere li abbia fortemente penalizzati dal punto di vista della legittimazione di fronte all'opinione pubblica.

Da questa analisi disincantata, si origina l'esigenza di un rilancio dei partiti che ne valorizzi le funzioni classiche di integrazione sociale, mobilitazione e partecipazione. Un ritorno alla loro stessa ragion d'essere. E per questo è indispensabile un nuovo sistema di regole. Secondo la nostra Costituzione (art.49) : “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”.
È una enunciazione che avrebbe dovuto essere portata a compimento da una legge che avrebbe dovuto fissare diritti e doveri e regolamentare in senso democratico le modalità associative ed operative. Una legge che è mancata fino ai nostri giorni, e di cui si avverte l’assoluta esigenza.

Nel Documento-appello promosso congiuntamente dal Movimento politico per l’unità e dal Movimento Umanità Nuova (sostenuto, a tutt’oggi, da circa 15.000 firme con la campagna ‘EleggiAMO l’Italia’), si avanza la proposta di trasformare i partiti da ‘libere associazioni di cittadini’ (associazioni private non riconosciute, regolate dagli artt.36-42 del Codice civile) in "associazioni riconosciute con personalità giuridica" (soggette  ai controlli previsti dagli artt.14-35 dello stesso codice), uniformando i partiti italiani alla normativa europea, quale condizione imprescindibile per poter essere finanziati con risorse pubbliche.

In tal senso i partiti dovrebbero tener conto di quattro aspetti:
1) l’obbligo di depositare un proprio Statuto nel quale venga esplicitata la propria ispirazione originale e i propri valori fondanti;
2) previsione, nello Statuto, di un ‘Codice etico’ che contempli seri criteri di selezione delle candidature, volti ad escludere coloro che abbiano pendenze giudiziarie gravi, al fine di tutelare la credibilità delle Istituzioni che essi dovrebbero rappresentare;
3) previsione, nello Statuto, di regole certe di democrazia interna, fra le quali l’eventuale obbligatorietà di elezioni primarie regolamentate per la scelta dei candidati;
4) l’obbligo di presentazione di un bilancio pubblico e trasparente delle entrate (finanziamenti pubblici e privati) e degli impieghi trasparenti di queste somme.

Allora: riformiamo, prima, la forma-partito, e poi diamo pure vita a nuovi partiti. Vino nuovo in otri nuovi.

(da Città Nuova del 14 agosto 2012)

sabato 28 luglio 2012

Federalismo europeo e regionalismo italiano

In questi giorni di assolata calura estiva, le amene conversazioni con amici seduti attorno ai tavoli di improvvisati stand - dove si gustano prelibate cozze marinate e piatti di spaghetti profumati dai frutti del mare - mi portano a riflettere sul malessere dell'Europa e sugli atavici mali italiani.

E mi sembra, immerso come sono nelle connessioni logiche e nei legami storico-culturali della mia terra, di vedere con maggior chiarezza le decisioni politiche da cui potrebbe scaturire la cura per entrambi questi malesseri, che ci fanno soffrire da tempo.

Si è sempre pensato all'Europa come ad una Unione di diversi, ricordate il motto "Uniti nella diversità"? Ho capito che questo tipo di approccio è in parte sbagliato. Nei confronti dell'Europa dobbiamo cambiare mente e riusciremo a farlo se cambieremo atteggiamento nei confronti del nostro paese.

Il perché è presto detto. Con la parola Unione si intende un movimento delle parti verso il centro, un processo sintropico per porta dalla dispersione all'organizzazione. Gli organismi viventi sono un esempio di questo tipo di movimento: sono infatti costituiti da cellule, tessuti, organi ed apparati che cooperano, tutti insieme, all'unità del corpo. Se anche solo uno di questi decidesse di andare in direzione diversa, cioè di divergere dalla linea comune, metterebbe a repentaglio la sopravvivenza di tutto l'organismo. Ecco qui espresso il concetto sbagliato di diversità. Non possiamo consentire che le diversità, cioè i moti divergenti (entropici), disintegrino l'Unione.

Purtuttavia, ritornando all'esempio dell'organismo, notiamo che ciascun componente è chiaramente distinto da tutti gli altri, a tutti i livelli: ogni cellula da ogni altra cellula, ogni tessuto da ogni altro tessuto, ogni organo da ogni altro organo. Guai se pensassimo di far svolgere allo stomaco il compito del polmone, al nervo il compito del vaso sanguigno, al muscolo il lavoro delle ossa. Ecco il concetto corretto di diversità: la prerogativa che consente di svolgere un compito distinto ed in armonia con tutti gli altri componenti dell'organismo.

Cosa ne faremmo di uno stomaco che non digerisse i cibi? A nulla servirebbe se non ad essere tagliato via affinché il resto del corpo non ne venga contaminato. A cosa mai potrebbe servire un cervello se non avesse la capacità di pensare e non la mettesse in pratica? Procurerebbe danni all'intero corpo vivente, fino a farlo morire!

Credo che sia chiaro il punto a cui vorrei arrivare con la mia riflessione. Lo riassumo qui: il regionalismo italiano, costruito attorno ad una ripartizione geografica, linguistica e storica dell'Italia, a sua volta suddivisa in province e comuni costituiti con lo stesso criterio (a cui oggi si devono aggiungere le città metropolitane), è ancora uno strumento amministrativo adeguato od andrebbe aggiornato coi mutati tempi e luoghi?

Penso che la suddivisione amministrativa del paese dovrebbe basarsi su altri criteri e dico subito quali:
  1. efficienza economica
  2. legami sociali e di cittadinanza
  3. sostenibilità ambientale
  4. omogeneità territoriale
  5. linee di comunicazione
La struttura regionale, provinciale, comunale, metropolitana andrebbe completamente rivisitata alla luce di questi criteri, forse abolendo qualche livello.

Potremmo chiamarli distretti, una cinquantina potrebbe essere un numero congruo, ma non vincolante. L'importante è che gli abitanti del territorio e delle città siano aggregati in unità coese secondo i cinque criteri di coerenza ed efficacia sopra citati.

Risulta così evidente che la Liguria, la Puglia e la Calabria sono troppo strette e lunghe per assicurare una efficacia amministrativa: devono essere disarticolate e riaggregate in più unità compatte e, al contempo, espanse verso le regioni limitrofe. Il Piemonte, la Lombardia, il Veneto e l'Emilia-Romagna sono troppo estese, popolate e disomogenee, andrebbero suddivise in più distretti, distinguendo le aree montane, aggregando alcune province litoranee all'entroterra (La Spezia-Massa Carrara-Parma-Reggio Emilia), il Bellunese con la Carnia, il Cuneese col Savonese, il Pavese con il Genovese, e così via.

Si eliminerebbero alcune assurdità, quali province lunghe e strette come quelle di Venezia e Livorno, che andrebbero raccordate col proprio retroterra economico e culturale.

Il Lazio e la Campania andrebbero smembrate, costituendo le città metropolitane di Roma e di Napoli, autonome e distinte dalle adiacenti zone rurali a vocazione agricola e paesaggistica.

Infine, le grandi isole dovrebbero ospitare un massimo di due-tre distretti indipendenti e coordinati (alla maniera, mutatis mutandis, della Regione autonoma Trentino-Alto Adige).

Essendo la Valle d'Aosta, l'Umbria, le Marche, il Molise, la Basilicata già della giusta dimensione, andrebbero confermate come distretti. L'Abruzzo e la Toscana dovrebbero essere suddivise in due-tre distretti ciascuna.

Ecco il vero modello federale: distretti coesi al proprio interno, sostenibili economicamente ed autonomi gli uni dagli altri, distinti e cooperanti al livello nazionale. Diversamente dall'imbroglio della Padania, col suo ennesimo parlamentino, luogo di rappresentanza non tanto di un popolo che non c'è, quanto di una ristretta cerchia di soci in affari.

Il giorno in cui i popoli fossero pronti a fare questo passo, ognuno nei propri paesi di origine, i tempi sarebbero maturi per realizzare il federalismo europeo, ad altro livello, con rinnovato impegno. Non più Stati Nazione che si guardano con sospetto e competono senza esclusione di colpi sui mercati internazionali, ma Popoli finalmente liberi di essere "Uniti nella diversità", popoli che guardano ad un centro politico aggregatore europeo, dal quale e attraverso il quale, poter irradiare la propria cultura nei cinque continenti e gettar luce su un pianeta sul quale stanno calando rapidamente le tenebre.