"io decido X Albignasego" è il nome del movimento civico che vuol dare la parola ai cittadini di Albignasego, comune della provincia di Padova ... e non solo!

martedì 30 aprile 2013

Siamo nel bel mezzo della I Guerra Globale

Vi domanderete: "ma cosa vai farneticando" ...
A mia parziale giustificazione riporto alcuni brani del discorso per la fiducia del Presidente del Consiglio dei Ministri incaricato Enrico Letta. Ho evidenziato in neretto le parole che indicano l'eccezionalità e la drammaticità del momento storico.

"Quella del presidente Napolitano è stata – lo sappiamo – una “scelta eccezionale”. Eccezionale perché tale è il momento che l’Italia e l’Europa si trovano a vivere oggi. Di fronte all’emergenza il presidente della Repubblica ci ha invitato a parlare il linguaggio della verità. Ci ha chiesto di offrire in extremis, al Paese e al mondo, una testimonianza di volontà di servizio e senso di responsabilità. Ci ha concesso un’ultima opportunità. L’opportunità di dimostrarci degni del ruolo che la Costituzione ci riconosce come rappresentanti della nazione. Degni di servire il Paese – attraverso l’esempio, il rigore, le competenze – in una delle stagioni più complesse e dolorose della storia unitaria. Accogliendo il suo appello intendo rivolgermi a voi proprio con il linguaggio “sovversivo” della verità. Confessandovi che avverto fortissimi, in questo momento, la consapevolezza dei miei limiti e il peso della mia personale responsabilità, ma impegnandomi a fare di tutto affinché le mie spalle siano larghe e solide al punto da reggere le vesti di Presidente del Consiglio di un Governo che richiede, qui e oggi, la fiducia del Parlamento.

La prima verità è che la situazione economica dell’Italia è ancora grave. Abbiamo accumulato in passato un debito pubblico che grava come una macina sulle generazioni presenti e future, e che rischia di schiacciare per sempre le prospettive economiche del Paese. Il grande sforzo di risanamento compiuto dal precedente Governo, guidato dal senatore Mario Monti, è stato premessa della crescita in quanto la disciplina della finanza pubblica era e resta indispensabile per contenere i tassi di interesse e sventare possibili attacchi finanziari.

L’Europa è in crisi di legittimità ed efficacia proprio quando tutti i Paesi membri e tutti i cittadini ne hanno più bisogno. L’Europa può tornare ad essere motore di sviluppo sostenibile – e quindi di speranza e di costruzione di futuro – solo se finalmente si apre. Il destino di tutto il continente è strettamente legato. Non ci possono essere vincitori e vinti se l’Europa fallisce questa prova. Saremmo tutti perdenti: sia nel Sud che nel Nord del continente.

Di solo risanamento l’Italia muore. Dopo più di un decennio senza crescita le politiche per la ripresa non possono più attendere. Semplicemente: non c’è più tempo. Tanti cittadini e troppe famiglie sono in preda alla disperazione e allo scoramento. Pensiamo alla vulnerabilità individuale che nel disagio e nel vuoto di speranze rischia di tramutarsi in rabbia e in conflitto, come ci ricorda lo sconcertante fatto avvenuto ieri stesso dinanzi a Palazzo Chigi.

Senza crescita e coesione l’Italia è perduta. Il Paese, invece, può farcela. Ma per farcela deve ripartire. E per ripartire tutti devono essere motori di questa nuova energia positiva. L’architrave dell’esecutivo sarà l’impegno a essere seri e credibili sul risanamento e la tenuta dei conti pubblici. Basta coi debiti che troppe volte il nostro Paese ha scaricato sulle spalle e la vita delle generazioni successive. Quelle nuove, di generazioni, hanno imparato sulla propria pelle e non faranno lo stesso con i propri figli.

La ripresa ritornerà anche se i cittadini e gli imprenditori italiani e stranieri saranno convinti di potersi rimettere con fiducia ai tempi e al merito delle decisioni della giustizia italiana. E tutto questo funzionerà se la smetteremo di avere una situazione carceraria intollerabile ed eccessi di condanne da parte della Corte dei diritti dell’uomo. Ricordiamoci sempre che siamo il paese di Cesare Beccaria!

Quello generazionale non è certo solo un tema attinente al rinnovamento della classe dirigente, come troppo spesso emerge nel dibattito pubblico. È una questione drammatica che scontano sulla propria pelle milioni di giovani. Segnala bassi tassi di istruzione e di occupazione, porta con sé lo sconforto, e anche la rabbia, di chi non studia né lavora. Chiediamoci quanti bambini non nascono ogni anno, in Italia, per la precarietà che limita le scelte delle famiglie giovani. Non è solo demografia, è una ferita morale. Perché non devono esistere generazioni perdute, perché solo i giovani possono ricostruire questo Paese: le loro nuove esperienze e competenze ci raccontano un mondo che cambia, il loro mondo. Rinunciare ad investire su di loro è un suicidio economico. Ed è la certezza di decrescita, la più infelice.

L’intraprendenza dei giovani e la bellezza dei territori sono d’altra parte due risorse cruciali per il Mezzogiorno. In entrambi i casi un patrimonio dissipato, un giacimento inutilizzato di potenzialità. Dobbiamo mettere in condizione il Sud di crescere da solo, annullando i divari infrastrutturali e di ordine pubblico che l’hanno frenato, puntando sulle nuove imprese, in particolare le industrie culturali e creative, e sulla buona gestione dei fondi europei, come quella che ha caratterizzato l’operato del governo Monti.

Dobbiamo, soprattutto, evitare di continuare a mettere la testa sotto la sabbia come struzzi e riconoscere che il divario tra Nord e Sud del Paese è non un accidente storico o una condanna, ma il prodotto di decenni di inadempienze da parte delle classi dirigenti, a livello nazionale come a livello locale. E’ il risultato dell’azione della criminalità organizzata che, certo presente anche nel resto del Paese – in larghe parti del Mezzogiorno ha i connotati del controllo arrogante e quasi militare del territorio. E questo nonostante lo spirito di servizio e il sacrificio di tanti servitori dello Stato – magistrati ed esponenti delle forze dell’ordine anzitutto – che troppo spesso abbiamo avuto la responsabilità di lasciare soli.

Ma permettetemi di soffermarmi un attimo sulla grande tragedia di questi tempi che d’altronde al Sud tocca punte di desolazione e allarme sociale: la questione del lavoro. È e sarà la prima priorità del mio governo. Solo col lavoro si può uscire da quest’incubo di impoverimento e imboccare la via di una crescita non fine a se stessa, ma volta a superare le ingiustizie e riportare dignità e benessere. Senza crescita, anche gli interventi di urgenza su cui ci siamo impegnati e che qui ribadisco – rifinanziamento delle casse integrazioni in deroga, superamento del precariato anche nella pubblica amministrazione – sarebbero insufficienti. In particolare, con i lavoratori esodati la comunità nazionale ha rotto un patto, e la soluzione strutturale di questo tema è un impegno prioritario di questo Governo.

Sicuramente è e deve essere un’eccezione la convergenza di forze politiche che si sono presentate come alternative alle elezioni. Ma è eccezionale che dalle urne, anche a causa della legge elettorale, non sia uscita alcuna maggioranza; è eccezionale l’emergenza economica che il governo dovrà affrontare; è eccezionale il fatto che sia necessario riscrivere alcune regole costituzionali. Credo quindi che le forze politiche che sostengono il governo stiano dimostrando un grande senso di responsabilità e di attaccamento alle istituzioni. Vent’anni di attacchi e delegittimazioni reciproche hanno eroso ogni capitale di fiducia nei rapporti tra i partiti e l’opinione pubblica, che è esausta, sempre più esausta, delle risse inconcludenti. Ho imparato da Nino Andreatta la fondamentale distinzione tra politica, intesa come dialettica tra diverse fazioni, e politiche, intese come soluzioni concrete ai problemi comuni. Se in questo momento ci concentriamo sulla politica, le nostre differenze ci immobilizzeranno. Se invece ci concentriamo sulle politiche, allora potremo svolgere un servizio al paese migliorando la vita dei cittadini.

Vedo oggi una via stretta, ma possibile, per una riforma anche radicale del sistema istituzionale e del sistema politico. Un imperativo deve essere chiaro a tutti noi fin dal primo momento: in questa materia negli ultimi decenni abbiamo assistito troppe volte all’avvio di percorsi riformatori che si presentavano come risolutori, che nelle intenzioni anche sincere di chi li proponeva, promettevano di regalarci istituzioni più efficienti e capaci di decidere, oltre che maggiormente vicine ai cittadini, e che invece si sono infranti contro veti reciproci, chiusure partigiane, prese di posizione strumentali e contrapposizioni dannose nonostante i reiterati richiami del Presidente della Repubblica.

L’Europa non è il passato, è il viaggio nel quale ci siamo imbarcati per arrivare nel futuro. L’Europa è lo spazio politico con cui rilanciare la speranza che ha animato la nostra società nella ricostruzione del dopoguerra. È lo spazio politico con cui mettere fine a questa guerra di stereotipi, di sfiducia e di timidezza, mentre la tragedia della disoccupazione giovanile mette un’intera generazione in trincea. L’Europa esiste solo al presente e al futuro, solo se alla storia scritta dai nonni e dai padri si affiancano le azioni dei figli e dei nipoti.

domenica 28 aprile 2013

Radio Vaticana intervista il Prof. Baggio sulla rielezione di Napolitano

In Italia, dopo le consultazioni di ieri per la formazione del nuovo governo, il Paese attende ora una svolta politica dopo il fortissimo richiamo lanciato dal capo di Stato ai partiti durante il suo discorso lunedì pomeriggio in occasione del giuramento davanti alle Camere riunite. Ascoltiamo in proposito il prof. Antonio Maria Baggio, docente di Filosofia politica presso l’Università Sophìa di Loppiano, al microfono di Fabio Colagrande:RealAudioMP3

R. - Io credo che passerà alla storia questo richiamo del presidente alla realtà, perché di questo, in effetti, si è trattato! Ha detto: “Dobbiamo partire dalla realtà delle cose”. La realtà delle cose è che tutti i partiti hanno chiesto il voto e nessuno ne ha ottenuti abbastanza per governare. La necessità di intese per fare il governo si doveva constatare, ravvisare fin dall’inizio ma – sostanzialmente – dice ai partiti: “Vi siete dimenticati di come si fa politica: la politica si fa mettendosi insieme, con contrasti ma anche con chiarimenti e con alleanze. E invece, negli ultimi 20 anni c’è stata una tale contrapposizione, un tale odio in politica che vi siete dimenticati come si fa politica”. Ha anche ricordato ai parlamentari che non sono i “servi” di un partito, non sono gli “scrivani” di una volontà popolare dettata da internet, ma sono depositari della volontà popolare.

D. – Perché siamo arrivati a questa degenerazione? Perché i parlamentari preferiscono fare gli interessi delle proprie fazioni, piuttosto che quelli del Paese, secondo lei?

R. – Sono cooptati e non sono eletti, quindi in realtà non hanno più un rapporto vitale con il “sovrano”, che è l’insieme dei cittadini, ma devono rispondere a quel “padrone”, a quel partito padronale che ormai li sceglie. Si sono istaurati in sostanza rapporti privati in sostituzione dei rapporti pubblici: questa è una degenerazione grave e ha portato con sé dei disastri. Il presidente Napolitano, nell’elenco delle cose urgenti da fare, ha detto: “C’è stata una lunga serie di omissioni e di guasti, di chiusure e di irresponsabilità”. Quali sono le conseguenze? E ha fatto l’elenco; e la parte positiva di questo elenco sono le cose che invece vanno fatte a partire da subito. È interessante che il primo punto posto dal presidente è la riforma delle istituzioni, significativamente messa insieme ad un rinnovamento della politica e ad una riforma dei partiti stessi. Quindi, è un nucleo di cose collegate tra loro che deve cambiare: la legge elettorale, per consentire di governare stabilmente; i partiti nella forma e nello stile di politica, nella facilità di partecipazione, e la politica nel suo insieme. Il fenomeno dirompente che abbiamo vissuto, quello dell’emergere del Movimento 5 Stelle, regge perché ha degli obiettivi che sono obiettivi di cittadinanza, che tutti dobbiamo condividere e quindi vanno applicati: quelli che parlano di trasparenza della politica, di misura delle spese … In questa maniera, anche il movimento di Grillo vedrebbe realizzate alcune richieste “di rottura”, e potrebbe strutturarsi con una forma più costruttiva su altri punti.

D. – Il presidente ha anche detto che non è possibile nessuna auto-indulgenza rispetto ai forti richiami che lui ha lanciato e molti hanno sottolineato in maniera critica i frequenti applausi che hanno spezzettato il suo discorso. Erano un pochino stonati?

R. – Parlava appunto di indulgenza quando è stato applaudito: è stato interrotto continuamente da applausi. Anch’io sono stato tra coloro che si sono sentiti infastiditi, perché mi è sembrato di vedere una dimensione patologica: una massa di persone che si è dimostrata incapace di scegliere un presidente della Repubblica, per questi legami perversi con i partiti; quindi, gente che aveva dimostrato la propria impotenza, d’improvviso - identificandosi con un presidente che è il “buono”, che è il presidente che porta l’onore - cerca di riscattarsi in qualche modo. Questo è un effetto ricorrente in politica: nei decenni passati, nei momenti più critici, la Democrazia Cristiana si affidava a uomini come Moro, come Zaccagnini che – per la loro onestà e capacità politica – coprivano un po’ tutto il partito. Questi effetti di copertura – che sono opera generalmente di mediocri e di pavidi – il presidente li ha stigmatizzati, dicendo: “Gente così non può fare il bene del Paese”.

Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/Articolo.asp?c=685660 del sito Radio Vaticana

Papa Francesco: La Chiesa è una storia d'amore

CITTA' DEL VATICANO, 24 Aprile 2013 (Zenit.org)

Nelle Messe mattutine nella Domus Sanctae Marthae, Papa Francesco dà il meglio di sé. Oltre alle celebri “frasi ad effetto” e le caratteristiche metafore tanto amate e citate dai giornalisti, il Pontefice dona ogni giorno, in pillole, una precisa visione di ciò che la Chiesa di cui è capo dovrebbe essere e fare.

Il messaggio dell’omelia di questa mattina era più chiaro che mai: “La Chiesa non è un’ong", ma è "una storia di amore”. È curioso pensare che queste parole il Papa le abbia pronunciate davanti ad alcuni dipendenti dello Ior. Tanto che lo stesso Pontefice ha detto loro: “Scusatemi, eh!... Tutto è necessario, gli uffici sono necessari … eh, va bè! Ma sono necessari fino ad un certo punto: come aiuto a questa storia d’amore”. “Quando l’organizzazione prende il primo posto – ha infatti sottolineato - l’amore viene giù e la Chiesa, poveretta, diventa una ong. E questa non è la strada”.

Per spiegare tale concetto, il Santo Padre è partito dalle letture del giorno che raccontavano le vicende della prima comunità cristiana che vede sempre più crescere il numero dei suoi discepoli. Un aspetto positivo, che diventa negativo – ha detto il Papa - nel momento in cui spinge a fare “patti” per avere ancora “più soci in questa impresa”.

La strada che Gesù ha voluto per la sua Chiesa è invece un’altra, ha sottolineato il Santo Padre: “la strada delle difficoltà, la strada della Croce, la strada delle persecuzioni... E questo ci fa pensare: ma cosa è questa Chiesa? Questa nostra Chiesa, perché sembra che non sia un’impresa umana”.

“Non sono i discepoli a fare la Chiesa – ha aggiunto - loro sono degli inviati, inviati da Gesù”, inviato a Sua volta dal Padre. Ed è proprio “nel cuore del Padre” che incomincia questa idea della Chiesa: “Non so se ha avuto un’idea il Padre  – ha detto Bergoglio - il Padre ha avuto amore e ha incominciato questa storia di amore tanto lunga nei tempi e che ancora non è finita”.

“Noi, donne e uomini di Chiesa – ha proseguito - siamo in mezzo ad una storia d’amore: ognuno di noi è un anello in questa catena d’amore. E se non capiamo questo, non capiamo nulla di cosa sia la Chiesa”.

E’ la strada dell’amore, infatti, l’unica via che la Chiesa può percorrere e dove può fortificarsi. Essa “non cresce con la forza umana”: è stato questo l’errore di molti cristiani nel corso dei secoliche “hanno sbagliato per ragioni storiche, hanno sbagliato la strada, hanno fatto eserciti, hanno fatto guerre di religione”. E anche noi oggi “impariamo con i nostri sbagli come va la storia d’amore”. Una storia che cresce “come il seme della senape, cresce come il lievito nella farina, senza rumore” come disse Gesù Cristo.

La Chiesa, quindi, cresce “dal basso, lentamente” ha sottolineato il Santo Padre, e quando “vuol vantarsi della sua quantità e fa delle organizzazioni, fa uffici e diventa un po’ burocratica, la Chiesa perde la sua principale sostanza e corre il pericolo di trasformarsi in una ong. E la Chiesa non è una ong...”.

Quindi cos’è la Chiesa nel concreto? “E’ Madre” ha affermato papa Bergoglio: “Ci sono tante mamme in questa Messa. Che sentite voi, se qualcuno dice: ‘Ma lei è un’organizzatrice della sua casa’? ‘No: io sono la mamma!’”.

La Chiesa dunque non è un’organizzazione - ha ribadito - non cresce “con i militari”, ma con la forza dello Spirito Santo. E noi, ha soggiunto, “tutti insieme, siamo una famiglia nella Chiesa che è la nostra Madre”. Papa Francesco, come ogni giorno al termine della Messa, ha infine elevato una preghiera a Maria, madre di Dio e madre nostra, affinché “ci dia la grazia della gioia, della gioia spirituale di camminare in questa storia d’amore”.

mercoledì 10 aprile 2013

Tra conflitto e totalità c'è una via d'uscita: la cooperazione

La distinzione delle parti è una condizione necessaria perché il tutto sia vitale.
Se tutto diventa stomaco, il corpo muore; di più, semplicemente "cessa di esistere".
Ugualmente accadrebbe se tutto diventasse muscolo o cervello.

Abbiamo visto come sono finiti tutti i regimi di vari colori che hanno eliminato la possibilità della rappresentanza politica delle parti, o le hanno addirittura messe fuori legge nel paese.
Ecco perché, se alla base della filosofia di vita e dell'azione politica di un movimento o di un partito, c'è la convinzione, consapevole o meno, manifesta o celata, di essere scesi in guerra per il potere e che questa guerra terminerà con il trionfo definitivo di una delle parti in conflitto, che è la propria, allora questo movimento è ingenuo ed immaturo e se non matura, destinato al fallimento o all'esplosione.
Il fallimento seguirebbe all'instaurazione del regime totalitario nella società, l'esplosione all'inevitabile conflitto interno che si verrebbe a creare col tempo.

Il conflitto tra le parti non è sanabile con l'annullamento di tutte le altre tranne la propria, ma con la trascendenza: come le varie parti cooperano nel sostenere la vita del corpo, così i partiti devono cooperare per il "bene comune" della città, della nazione, dell'umanità ... fare da sfondo, non venire alla luce, essere al servizio, non al potere!

A ben vedere, lo stesso principio vale in economia, in ecologia, in psicologia, in teologia. L'esistenza del tutto è frutto dell'armonia delle parti.

Così l'assenza di dialogo tra i partiti porta l'organismo sociale alla morte civile.
Dopo rimangono organizzazioni in competizione tra di loro (come avviene tra la Confindustria e i Sindacati, tra i capitalisti e i comunisti, tra i clericali e gli anticlericali) che trasformano la società in un deserto campo di battaglia.
C'è quindi un nesso profondo tra la crisi politica e la crisi economica, tra la crisi nelle Istituzioni repubblicane e la crisi nella società civile.
Le une e le altre si generano dal mancato riconoscimento reciproco tra le parti in causa: imprenditori e subordinati, docenti e discenti, uomini e donne, giovani e anziani, italiani ed europei, cittadini e stranieri ...
E non spetta alla politica giudicare quelle parti che, come il cancro, minacciano di distruggere ogni forma di vita dalla faccia della terra.
C'è un ordinamento giudiziario, c'è un corpus di leggi repubblicane, c'è il tribunale dei diritti dell'uomo e c'è, più inesorabile ancora, il giudizio della storia.

Chi non crede dice: "tutta la vita ha diritto di vivere"!

Chi invece crede ... crede che "il creatore è solidale con tutte le sue creature".

A me non sembrano poi così "diversamente abili": è questione di amare la vita!

Tanto più che entrambe queste conoscenze si fermano davanti al mistero della vita che muore e grida: " Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato!".

Per chi è ancora vivo e vitale questo grido può apparire incomprensibile o inaccettabile.

Solo chi muore prima di morire, forse, può comprendere, ma chi lo può?

Non giudichiamo, quindi, e non saremo giudicati, e saremo pesati, anche elettoralmente, per quanto abbiamo dato, non per quanto ci siamo presi.

lunedì 8 aprile 2013

AA: proposta politica per un'Amministrazione Aperta

L'abbiamo chiamata OPEN SOURCE GOVERNANCE.

E' una proposta che offriamo in copyleft (cioè senza diritti di autore, né per noi, né per coloro che vorranno aderire) a tutte le forze politiche e sociali impegnate nella campagna elettorale per le prossime elezioni amministrative ad Albignasego ... e non solo.

Si tratta di introdurre strumenti di democrazia aperta, diretta e partecipativa che consentano ai cittadini "non militanti in politica", ma informati ed impegnati nel sociale, di affiancare il "sistema dei partiti" che ha, di fatto, occupato le istituzioni, con risultati non sempre commendevoli.

Questo approccio richiede, com'è ovvio, ai cittadini impegnati di assumersi le proprie responsabilità nei confronti dei beni comuni (oltre che nei confronti dei propri beni privati o delle associazioni in cui prestano volontariato).

Perché questo impegno diventi efficace deve parimenti aumentare la partecipazione di tutta la cittadinanza alla vita politica del paese, deve aumentare la conoscenza diffusa delle problematiche connesse al governo del territorio, dell'economia, del commercio, della finanza, dell'istruzione, della sanità ... assieme alla consapevolezza di appartenere ad una comunità.

Ecco la proposta tecnica (in bozza), articolata in tre punti, da introdurre nello Statuto comunale:

Open Source Governance

- La Proposta di Delibera di iniziativa popolare a voto popolare.

I cittadini, riuniti in comitato, possono elaborare una proposta di delibera Consiliare, su un argomento di interesse comune, che, se sottoscritta da un numero minimo di firmatari (da determinarsi in % degli elettori), viene pubblicata sul notiziario comunale con congruo anticipo e successivamente presentata alla Commissione di competenza o direttamente al Consiglio comunale o alla Giunta per la discussione, la modifica, l'approvazione diretta o il rigetto.
In caso di modifica o rigetto da parte degli organi comunali, il comitato può decidere di sottoporre la proposta a referendum popolare.
La proposta è approvata e deliberata se ottiene la maggioranza dei voti validamente espressi (cioè senza quorum di partecipazione) e viene immediatamente pubblicata sul notiziario comunale.

- Le Commissioni cittadine, così suddivise:
1. Economia e Lavoro
2. Commercio e Consumo
3. Ambiente, Sport e Salute
4. Agricoltura ed Alimentazione
5. Mobilità
6. Finanza sociale
7. Istruzione e Cultura
8. Trasparenza e Comunicazione

9. Statuto e regolamento comunale.
I commissari cittadini vengono eletti con suffragio universale, senza quorum, agiscono su base volontaria, senza scopo di lucro, possono partecipare ad una ed una sola commissione per ogni legislatura.
C'è un listino unico per commissione, con alternanza di genere, il genere del capolista è estratto a sorte.
Ogni commissione prevede da un minimo di 7 ad un massimo di 11 commissari, ma sempre in numero dispari.
Sono eletti i candidati che hanno ricevuto più preferenze personali.
I due candidati di ciascun genere col più alto numero di preferenze sono eletti presidente e vicepresidente.
Le commissioni si riuniscono almeno 1 volta al mese, cooperano con le Commissioni consiliari, hanno potere di proposta, non di delibera, né di veto.
Le proposte delle commissioni cittadine sono strettamente vincolanti per il Consiglio comunale, nel senso che il Consiglio o, per competenza, la Giunta comunale, sono obbligati a discuterle, modificarle ed approvarle, o respingerle con voto palese pubblicato sul notiziario comunale.
Le Commissioni consiliari possono esprimere un parere sulle proposte delle Commissioni cittadine, ma non hanno potere di approvazione o di veto.
I commissari cittadini decadono automaticamente dopo tre assenze consecutive in commissione e non possono più partecipare fino alla legislatura successiva. Sono sostituiti dal primo cittadino non eletto della corrispondente lista, che sia ancora disponibile.
Il presidente e il vicepresidente possono dimettersi e vengono sostituiti dai commissari più votati della corrispondente lista.

- Il Notiziario comunale.

La Trasparenza degli atti di Giunta, delle Delibere del Consiglio comunale, del Bilancio comunale, del Bilancio Sociale, delle proposte delle Commissioni consiliari e cittadine, dei Comitati dei cittadini, è assicurata attraverso la pubblicazione nel notiziario comunale, con cadenza almeno mensile.

venerdì 5 aprile 2013

Tira aria di fronda tra i grillini?

Potendo giudicare solamente dalle notizie di stampa sembrerebbe di sì.
Ma il condizionale è d'obbligo.
Queste le parole di Beppe riportate dai media:
"Non mi aspettavo totale condivisione nel Movimento. E' legittimo che qualcuno la pensi in modo diverso, ma non siamo noi che ci stiamo dividendo. Sono gli altri."
Beh, la parola "con-divisione" mette insieme due movimenti, quello del dividere e quello del consumare, qualcosa di molto simile all'atto del mettere in comune il pane, spezzarlo e distribuirlo tra tutti.
Così può essere anche delle idee, espresse in parole, esse possono essere messe in comune, anche se diverse, sminuzzate, rielaborate, e "condivise", in maniera più o meno totale.
Ciò significa forse pensare tutti alla stessa maniera, fare le stesse cose e reagire tutti allo stesso modo?
Assolutamente no.
Significa allora rimanere ognuno imperturbato, inalterato, immutato, bloccato sulle proprie posizioni?
Neppure questo.
C'è un'esperienza che va ben oltre e sublima queste due sterili posizioni estreme.
E' quella di lasciarsi contaminare, proprio come avviene in natura, dove la grande biodiversità che osserviamo è il risultato di una millenaria contaminazione tra le differenti specie viventi, che prosperano in simbiosi o parassitismo, mutualismo o sfruttamento reciproco.
Uno stato di natura in cui gli uomini e le donne riescono a riprodursi e perpetuare la specie, perché capaci di amare, amarsi tra di loro ed amare la prole.
Questa è empatia, capacità di mettersi nei panni dell'altro, di comprenderlo in sé.
Auguriamo a Beppe e compagni di fare questa esperienza, se non la stanno già facendo.

Beppe Grillo vittima di se stesso?

Come tutti i grandi condottieri-riformatori, da Alessandro Magno fino a Napoleone, anche Beppe Grillo pare condannato a cadere più per i propri errori che per la perizia degli avversari.

Questa "riunione segreta" dei parlamentari 5 stelle, convocata da Beppe in luogo imprecisato con ordine del giorno noto solo "a lui e pochi altri intimi" manifesta un deficit di partecipazione e di trasparenza che, per un Movimento che della democrazia diretta ha fatto una bandiera, suona quantomeno stonato.

Per giunta, il fatto di venire "prelevati e trasportati in pullman a destinazione" dimostra una significativa mancanza di rispetto per la dignità dei parlamentari che, fino a prova contraria, sono persone umane e, in quanto tali e in quanto rappresentanti del popolo, hanno il diritto e il dovere di sapere dove vengono condotti e perché (e pure i loro elettori ce l'hanno questo diritto/dovere).

Un vero peccato ... perché i "grillini" cominciavano a stare simpatici anche al sottoscritto, che non è prodigo di simpatie per partiti e movimenti.

Si dirà: la situazione politica del M5S ed istituzionale del Paese è assai delicata e richiede prudenza e discrezione.

Questo è anche vero, però è più vero che questi fatti denunciano una strutturale debolezza della compagine parlamentare del M5S e, più in generale, del suo elettorato.

Il voto al M5S ha offerto una scorciatoia politica agli italiani, evitando loro di fare i conti, una volta per tutte, con la loro storia di Nazione di recente formazione: una storia di proclami altisonanti e di nascondimenti, di irresponsabilità e di tradimenti, di illegalità tollerata e diffusa.

Una storia che affonda le sue radici su un compromesso al ribasso, un compromesso che ha svenduto i valori repubblicani per un po' di privilegi distribuiti a destra e a manca, al Nord come al Sud.

Dobbiamo metterci in testa, tutti quanti, che dall'attuale crisi non ne usciremo, finché non la smetteremo di vivere di espedienti e non ci metteremo d'impegno a cooperare nella gestione dei "beni comuni".

Beni che abbiamo venduto al mercato e adesso ci troviamo a dover pagare il conto salato.

Intanto c'è da pagare il conto con l'Europa, poi arriverà anche quello con l'Argentina e il tutto resto ...