"io decido X Albignasego" è il nome del movimento civico che vuol dare la parola ai cittadini di Albignasego, comune della provincia di Padova ... e non solo!

martedì 21 agosto 2012

La natura dell’uomo è rapporto con l’infinito

Se c'è una cosa che blocca l'uomo nel suo procedere verso il proprio obiettivo, questa è il pregiudizio.
Allora, perché privarsi della visione di un mondo a causa di un pregiudizio?
Per questo motivo riportiamo un brano il cui autore sarà palese solo alla fine.

Parlare dell’uomo e del suo anelito all’infinito significa innanzitutto riconoscere il suo rapporto costitutivo con il Creatore. L’uomo è una creatura di Dio. Oggi questa parola – creatura – sembra quasi passata di moda: si preferisce pensare all’uomo come ad un essere compiuto in se stesso e artefice assoluto del proprio destino. La considerazione dell’uomo come creatura appare «scomoda» poiché implica un riferimento essenziale a qualcosa d’altro o meglio, a Qualcun altro – non gestibile dall’uomo – che entra a definire in modo essenziale la sua identità; un’identità relazionale, il cui primo dato è la dipendenza originaria e ontologica da Colui che ci ha voluti e ci ha creati. Eppure questa dipendenza, da cui l’uomo moderno e contemporaneo tenta di affrancarsi, non solo non nasconde o diminuisce, ma rivela in modo luminoso la grandezza e la dignità suprema dell’uomo, chiamato alla vita per entrare in rapporto con la Vita stessa, con Dio.

Riconoscere di essere fatti per l’infinito significa percorrere un cammino di purificazione da quelli che abbiamo chiamato «falsi infiniti», un cammino di conversione del cuore e della mente. Occorre sradicare tutte le false promesse di infinito che seducono l’uomo e lo rendono schiavo. Per ritrovare veramente se stesso e la propria identità, per vivere all’altezza del proprio essere, l’uomo deve tornare a riconoscersi creatura, dipendente da Dio. Al riconoscimento di questa dipendenza – che nel profondo è la gioiosa scoperta di essere figli di Dio – è legata la possibilità di una vita veramente libera e piena. È interessante notare come San Paolo, nella Lettera ai Romani, veda il contrario della schiavitù non tanto nella libertà, ma nella figliolanza, nell’aver ricevuto lo Spirito Santo che rende figli adottivi e che ci permette di gridare a Dio: «Abbà! Padre!» (cfr 8,15). L’Apostolo delle genti parla di una schiavitù «cattiva»: quella del peccato, della legge, delle passioni della carne. A questa, però, non contrappone l’autonomia, ma la «schiavitù di Cristo» (cfr 6,16-22), anzi egli stesso si definisce: «Paolo, servo di Cristo Gesù» (1,1). Il punto fondamentale, quindi, non è eliminare la dipendenza, che è costitutiva dell’uomo, ma indirizzarla verso Colui che solo può rendere veramente liberi.

A questo punto però sorge una domanda. “Non è forse strutturalmente impossibile all’uomo vivere all’altezza della propria natura? E non è forse una condanna questo anelito verso l’infinito che egli avverte senza mai poterlo soddisfare totalmente? Questo interrogativo ci porta direttamente al cuore del cristianesimo. L’Infinito stesso, infatti, per farsi risposta che l’uomo possa sperimentare, ha assunto una forma finita. Dall’Incarnazione, dal momento in cui in Verbo si è fatto carne, è cancellata l’incolmabile distanza tra finito e infinito: il Dio eterno e infinito ha lasciato il suo Cielo ed è entrato nel tempo, si è immerso nella finitezza umana. Nulla allora è banale o insignificante nel cammino della vita e del mondo. L’uomo è fatto per un Dio infinito che è diventato carne, che ha assunto la nostra umanità per attirarla alle altezze del suo essere divino.

Scopriamo così la dimensione più vera dell’esistenza umana: la vita come vocazione. Ogni cosa, ogni rapporto, ogni gioia, come anche ogni difficoltà, trova la sua ragione ultima nell’essere occasione di rapporto con l’Infinito, voce di Dio che continuamente ci chiama e ci invita ad alzare lo sguardo, a scoprire nell’adesione a Lui la realizzazione piena della nostra umanità. «Ci hai fatti per te – scriveva Agostino – e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te» (Confessioni I, 1,1). Non dobbiamo avere paura di quello che Dio ci chiede attraverso le circostanze della vita, fosse anche la dedizione di tutto noi stessi in una forma particolare di seguire e imitare Cristo nel sacerdozio o nella vita religiosa. Il Signore, chiamando alcuni a vivere totalmente di Lui, richiama tutti a riconoscere l’essenza della propria natura di essere umani: fatti per l’infinito. E Dio ha a cuore la nostra felicità, la nostra piena realizzazione umana. Chiediamo, allora – conclude il Papa nel suo intervento al Meeting di "Comunione e Liberazione" - di entrare e rimanere nello sguardo della fede che ha caratterizzato i Santi, per poter scoprire i semi di bene che il Signore sparge lungo il cammino della nostra vita e aderire con gioia alla nostra vocazione.

Note sulla riforma della Legge elettorale

Legge elettorale, a che punto siamo?

Occorre maggiore trasparenza nel dibattito che modificherà il Porcellum: non il chiuso delle segreterie, ma il maggiore coinvolgimento dei cittadini garantirà la nostra democrazia.
di Marco Fatuzzo

Massima trasparenza nel dibattito fra i partiti sulla legge elettorale: se ne discuta in Parlamento, a porte aperte e con telecamere accese, e non nel chiuso delle trattative "carbonare" fra le segreterie dei partiti (eufemisticamente nobilitate quali consultazioni riservate). Lo ha evidenziato anche il presidente del Senato Renato Schifani.

L'appello di Napolitano.
Le settimane trascorrono senza registrare una reale accelerazione nel confronto parlamentare all’interno del Comitato ristretto, e il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano si è visto costretto, ancora una volta, a rinnovare il suo appello alle forze politiche. I partiti segnano il passo e si lanciano reciproci ultimatum, ma il "Porcellum" è ancora lì, senza che ci sia neanche l'ombra di una bozza di una seria riforma condivisa che provi a scalfirlo. Napolitano insiste: si deve fare presto. E bisogna farlo con la più ampia convergenza parlamentare, non a colpi di maggioranza. Perché ciò contribuirebbe al rafforzamento della credibilità del Paese sul piano internazionale in una fase di persistenti gravi difficoltà, anche a sostegno della delicata missione di Monti nell'eurozona.

La proposta attuale.
Il contenuto dello stato dell’arte della discussione, fino ad oggi, è noto: soglia di sbarramento al 5% a livello nazionale (e fino all'8%  in almeno tre circoscrizioni); una quota (50%?) di nominati in liste bloccate, un’altra quota (50%?) di eletti con le preferenze in collegi uninominali; premio di governabilità. Il Pdl lo vuole per il partito, il Pd per la coalizione.
Si prefigura una proposta di nuova legge elettorale intrisa di lacci e laccioli, volti a condizionare pesantemente il risultato di una elezione. Il senso di qualche correttivo avrebbe senso solo se fosse mirato a garantire una migliore governabilità (la governabilità assoluta non esiste nemmeno nella dittatura vigente in Siria) al partito o ai partiti che vincono le elezioni. Ma l’obiettivo recondito, fin troppo ovvio, è quello di neutralizzare le liste sgradite.

Le preferenze.
Merita soffermarsi, ancora un po’, solo sul tema delle preferenze. La materia è importante e delicata: riguarda i nodi fondamentali della dinamica democratica e dell’esercizio della sovranità popolare, è di interesse primario per tutti i cittadini ancor prima che dei partiti.
E i cittadini vogliono contare, ci tengono a scegliere in modo diretto i propri rappresentanti in Parlamento e non sono più disposti alla logica perversa dell’accettare supinamente "ciò che passa il convento". E cosa ha passato nelle ultime legislature il convento o meglio le conventicole dei partiti? Deputati e imputati. Nell’ultimo anno e mezzo sono state una dozzina le richieste d'arresto giunte sul tavolo della giunta per le autorizzazioni a procedere. E sono 88 i deputati e senatori, che siedono in Parlamento, e che hanno pendenze con la giustizia: alcuni già con sentenze di condanna sulle spalle, altri in attesa di processo e altri ancora rinviati a giudizio. Fra tutti costoro, ben 35 risultano condannati per reati che vanno dalla diffamazione, alla cattiva gestione di fondi pubblici di cui ora devono rispondere di tasca propria, e persino di associazione mafiosa. Altri 9 legislatori sono stati beneficiati dalla prescrizione. Tutti scelti e “nominati” in Parlamento dalle segreterie dei partiti: così, tanto per rispondere a quanti sostengono che il sistema delle preferenze sia ‘poco trasparente’ e possa favorire inquinamenti illegali del voto.

Le primarie.
L’ipotesi di assegnare una metà di seggi su liste bloccate (come ora), e metà nei collegi uninominali a che cosa porterebbe? Semplicemente al fatto che la metà dei candidati (quelli delle liste bloccate) sarebbero scelti dalle segreterie di partito, mentre l’altra metà dei candidati (quelli nei collegi uninominali), invece … pure. Con buona pace del diritto costituzionale di scelta dei propri rappresentanti in Parlamento da parte dei cittadini elettori.
Nessuno parla di proporre, quantomeno, “primarie di lista” obbligatorie, per la scelta dal basso dei nomi dei candidati da collocare nelle liste bloccate e l’ordine del loro inserimento, e “primarie di collegio” per la designazione dei candidati da far concorrere. Sarebbe il male minore, perché, almeno in una fase preliminare, i cittadini potrebbero esprimere i propri desiderata.

(da l’Espresso del 12 agosto 2012)©Riproduzione riservata

Riforma dei partiti, a quando?

Nuovi partiti? Prima una riforma degli attuali

Quattro punti imprescindibili per una seria riforma delle formazioni partitiche. La proposta del Movimento Politico per l'Unità, riporta al centro i cittadini  e il territorio.
di Marco Fatuzzo

Abbiamo contato almeno cinque nuove (o quasi) formazioni partitiche, apparse nel panorama politico italiano in tempi recenti facenti riferimento alla comune ispirazione cristiana. C’è persino un nuovo soggetto politico, promosso da un sacerdote palermitano in collaborazione con altri presbiteri del territorio isolano. Iniziative tutte già formalizzate ed operative. E si resta in attesa di conoscere le scelte che verranno dall’annunciato appuntamento di "Todi 2" nel prossimo autunno, da cui qualcuno pronostica una discesa in campo di un ulteriore soggetto politico di ispirazione cristiana.

Tutti tuonano contro il sistema partitocratico attuale, la corruzione, i privilegi della casta …. Risuona, né più né meno, l’eco dei cavalli di battaglia dei movimenti dell’antipolitica. Onestamente, dobbiamo chiederci: serve davvero, nella fase storica attuale del nostro Paese, dare vita a nuovi partiti? in generale, ed in particolare in ambito cristiano?
Questa domanda è collegata ad un’altra: il problema vero non è costituito proprio dalla crisi dell’attuale forma-partito? L’esigenza prioritaria non è invece un nuovo sistema di regole per i partiti?

Quando ci si interroga sui "costi della politica", sugli effetti perversi dell’uso dei rimborsi elettorali, in fondo ci si interroga sulla crisi dei partiti, sul loro ruolo e sulla necessità di una loro riforma. Le statistiche che riportano i dati del gradimento dei partiti da parte dei cittadini oscillano tra il 2 e il 4%. Siamo ai minimi storici. E questo è certamente frutto di una constatazione: i partiti oggi operano sempre meno sul territorio, a contatto con militanti e cittadini, e sempre più dentro lo Stato, com-portandosi essenzialmente come "macchine elettorali" finalizzate esclusivamente alla conquista delle cariche pubbliche. Ed è comprensibile come questo loro modo d'essere li abbia fortemente penalizzati dal punto di vista della legittimazione di fronte all'opinione pubblica.

Da questa analisi disincantata, si origina l'esigenza di un rilancio dei partiti che ne valorizzi le funzioni classiche di integrazione sociale, mobilitazione e partecipazione. Un ritorno alla loro stessa ragion d'essere. E per questo è indispensabile un nuovo sistema di regole. Secondo la nostra Costituzione (art.49) : “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”.
È una enunciazione che avrebbe dovuto essere portata a compimento da una legge che avrebbe dovuto fissare diritti e doveri e regolamentare in senso democratico le modalità associative ed operative. Una legge che è mancata fino ai nostri giorni, e di cui si avverte l’assoluta esigenza.

Nel Documento-appello promosso congiuntamente dal Movimento politico per l’unità e dal Movimento Umanità Nuova (sostenuto, a tutt’oggi, da circa 15.000 firme con la campagna ‘EleggiAMO l’Italia’), si avanza la proposta di trasformare i partiti da ‘libere associazioni di cittadini’ (associazioni private non riconosciute, regolate dagli artt.36-42 del Codice civile) in "associazioni riconosciute con personalità giuridica" (soggette  ai controlli previsti dagli artt.14-35 dello stesso codice), uniformando i partiti italiani alla normativa europea, quale condizione imprescindibile per poter essere finanziati con risorse pubbliche.

In tal senso i partiti dovrebbero tener conto di quattro aspetti:
1) l’obbligo di depositare un proprio Statuto nel quale venga esplicitata la propria ispirazione originale e i propri valori fondanti;
2) previsione, nello Statuto, di un ‘Codice etico’ che contempli seri criteri di selezione delle candidature, volti ad escludere coloro che abbiano pendenze giudiziarie gravi, al fine di tutelare la credibilità delle Istituzioni che essi dovrebbero rappresentare;
3) previsione, nello Statuto, di regole certe di democrazia interna, fra le quali l’eventuale obbligatorietà di elezioni primarie regolamentate per la scelta dei candidati;
4) l’obbligo di presentazione di un bilancio pubblico e trasparente delle entrate (finanziamenti pubblici e privati) e degli impieghi trasparenti di queste somme.

Allora: riformiamo, prima, la forma-partito, e poi diamo pure vita a nuovi partiti. Vino nuovo in otri nuovi.

(da Città Nuova del 14 agosto 2012)