Legge elettorale, a che punto siamo?
Occorre maggiore trasparenza nel dibattito che modificherà il Porcellum: non
il chiuso delle segreterie, ma il maggiore coinvolgimento dei
cittadini garantirà la nostra democrazia.
di Marco Fatuzzo
Massima trasparenza nel dibattito fra i partiti sulla legge elettorale: se ne
discuta in Parlamento, a porte aperte e con telecamere accese, e non
nel chiuso delle trattative "carbonare" fra le segreterie
dei partiti (eufemisticamente nobilitate quali consultazioni
riservate). Lo ha evidenziato anche il presidente del Senato Renato
Schifani.
L'appello di Napolitano.
Le settimane trascorrono
senza registrare una reale accelerazione nel confronto
parlamentare all’interno del Comitato ristretto, e il presidente
della Repubblica Giorgio Napolitano si è visto costretto, ancora
una volta, a rinnovare il suo appello alle forze politiche. I partiti
segnano il passo e si lanciano reciproci ultimatum, ma il "Porcellum"
è ancora lì, senza che ci sia neanche l'ombra di una bozza di una
seria riforma condivisa che provi a scalfirlo. Napolitano insiste:
si deve fare presto. E bisogna farlo con la più ampia convergenza
parlamentare, non a colpi di maggioranza. Perché ciò contribuirebbe
al rafforzamento della credibilità del Paese sul piano
internazionale in una fase di persistenti gravi difficoltà, anche a
sostegno della delicata missione di Monti nell'eurozona.
La
proposta attuale.
Il contenuto dello stato dell’arte della
discussione, fino ad oggi, è noto: soglia di sbarramento al 5% a
livello nazionale (e fino all'8% in almeno tre circoscrizioni);
una quota (50%?) di nominati in liste bloccate, un’altra quota
(50%?) di eletti con le preferenze in collegi uninominali; premio di
governabilità. Il Pdl lo vuole per il partito, il Pd per la
coalizione.
Si prefigura una proposta di nuova legge elettorale
intrisa di lacci e laccioli, volti a condizionare pesantemente il
risultato di una elezione. Il senso di qualche correttivo avrebbe
senso solo se fosse mirato a garantire una migliore governabilità
(la governabilità assoluta non esiste nemmeno nella dittatura
vigente in Siria) al partito o ai partiti che vincono le elezioni. Ma
l’obiettivo recondito, fin troppo ovvio, è quello di neutralizzare
le liste sgradite.
Le preferenze.
Merita soffermarsi, ancora un
po’, solo sul tema delle preferenze. La materia è importante e
delicata: riguarda i nodi fondamentali della dinamica democratica e
dell’esercizio della sovranità popolare, è di interesse primario
per tutti i cittadini ancor prima che dei partiti.
E i cittadini
vogliono contare, ci tengono a scegliere in modo diretto i propri
rappresentanti in Parlamento e non sono più disposti alla logica
perversa dell’accettare supinamente "ciò che passa il
convento". E cosa ha passato nelle ultime legislature il
convento o meglio le conventicole dei partiti?
Deputati e imputati. Nell’ultimo anno e mezzo sono state una dozzina le
richieste d'arresto giunte sul tavolo della giunta per le
autorizzazioni a procedere. E sono 88 i deputati e senatori, che
siedono in Parlamento, e che hanno pendenze con la giustizia: alcuni
già con sentenze di condanna sulle spalle, altri in attesa di
processo e altri ancora rinviati a giudizio. Fra tutti costoro, ben
35 risultano condannati per reati che vanno dalla diffamazione, alla
cattiva gestione di fondi pubblici di cui ora devono rispondere di
tasca propria, e persino di associazione mafiosa. Altri 9 legislatori
sono stati beneficiati dalla prescrizione. Tutti scelti e “nominati”
in Parlamento dalle segreterie dei partiti: così, tanto per
rispondere a quanti sostengono che il sistema delle preferenze sia
‘poco trasparente’ e possa favorire inquinamenti illegali del
voto.
Le primarie.
L’ipotesi di assegnare una metà di seggi
su liste bloccate (come ora), e metà nei collegi uninominali a che
cosa porterebbe? Semplicemente al fatto che la metà dei candidati
(quelli delle liste bloccate) sarebbero scelti dalle segreterie di
partito, mentre l’altra metà dei candidati (quelli nei collegi
uninominali), invece … pure. Con buona pace del diritto
costituzionale di scelta dei propri rappresentanti in Parlamento da
parte dei cittadini elettori.
Nessuno parla di proporre,
quantomeno, “primarie di lista” obbligatorie, per la scelta dal
basso dei nomi dei candidati da collocare nelle liste bloccate e
l’ordine del loro inserimento, e “primarie di collegio” per la
designazione dei candidati da far concorrere. Sarebbe il male minore,
perché, almeno in una fase preliminare, i cittadini potrebbero
esprimere i propri desiderata.
(da
l’Espresso del 12 agosto 2012)©Riproduzione riservata
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