Politica internazionale
di Vincenzo Buonomo
Mentre i conflitti si
susseguono, c’è chi pensa alla pace non come generica sicurezza,
ma come frutto di una relazione autentica, capace di affrontare le
cause della guerra, di rispettare le norme internazionali. Come pure
di tutelare i diritti umani, e tra questi quello alla pace. È il
lavoro del Consiglio dei diritti umani dell’Onu che finalizzerà a
breve una dichiarazione sul diritto alla pace, nonostante
l’opposizione di alcuni Paesi. Il progetto si struttura intorno a
due grandi questioni. La prima, non nuova, è la necessità di
abbandonare l’idea della guerra e imporre ai nostri Stati di
dimenticare che i contrasti si risolvono con il ricorso alle armi. Un
obiettivo problematico di fronte all’atteggiamento di tanti Paesi
che rifiutano il pur minimo impegno al negoziato, al disarmo e ad un
controllo sulla loro condotta rispetto agli atti riguardanti la pace.
Tra gli esempi meno noti, il contrasto tra l’obiezione di coscienza
e le leggi nazionali sul servizio militare, la tutela del patrimonio
artistico o l’uso di compagnie private di sicurezza che operano nei
conflitti armati.
Più vicina alle nostre
possibilità di operare per la pace è la seconda proposta della
dichiarazione: l’educazione e la formazione alla pace. Un’opera
che non può limitarsi a oscurare le immagini di combattimenti e
stragi, a sostenere armistizi e cessate il fuoco o anche a cercare di
convincere che la pace è un valore. Insegnamenti e cattedre sulla
pace abbondano, le cancellerie dei nostri Paesi sono sempre pronte a
negoziare la pace. Ma la guerra è dietro l’angolo e come ricordava
papa Francesco nel centenario della Prima guerra mondiale: «La
guerra stravolge tutto, anche il legame tra i fratelli».
Educare e formare alla
pace presuppone un cambio di paradigma: abbandonare l’idea del
nemico. È quanto sosteneva Chiara Lubich, il 28 maggio 1997 nel suo
discorso al Palazzo di vetro: «La pace, come testimoniano anche le
finalità e l’azione delle Nazioni Unite, ha nomi nuovi e richiede
in primo luogo uno sforzo che l’Onu, con il vostro speciale apporto
e il contributo di tutti, può sostenere: superare la categoria del
nemico, di qualsiasi nemico».
(da Città Nuova del
25 marzo 2015)
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