In Italia, dopo le consultazioni di ieri per la formazione del nuovo
governo, il Paese attende ora una svolta politica dopo il fortissimo
richiamo lanciato dal capo di Stato ai partiti durante il suo discorso
lunedì pomeriggio in occasione del giuramento davanti alle Camere
riunite. Ascoltiamo in proposito il prof. Antonio Maria Baggio, docente di Filosofia politica presso l’Università Sophìa di Loppiano, al microfono di Fabio Colagrande:
R.
- Io credo che passerà alla storia questo richiamo del presidente alla
realtà, perché di questo, in effetti, si è trattato! Ha detto: “Dobbiamo
partire dalla realtà delle cose”. La realtà delle cose è che tutti i
partiti hanno chiesto il voto e nessuno ne ha ottenuti abbastanza per
governare. La necessità di intese per fare il governo si doveva
constatare, ravvisare fin dall’inizio ma – sostanzialmente – dice ai
partiti: “Vi siete dimenticati di come si fa politica: la politica si fa
mettendosi insieme, con contrasti ma anche con chiarimenti e con
alleanze. E invece, negli ultimi 20 anni c’è stata una tale
contrapposizione, un tale odio in politica che vi siete dimenticati come
si fa politica”. Ha anche ricordato ai parlamentari che non sono i
“servi” di un partito, non sono gli “scrivani” di una volontà popolare
dettata da internet, ma sono depositari della volontà popolare.
D.
– Perché siamo arrivati a questa degenerazione? Perché i parlamentari
preferiscono fare gli interessi delle proprie fazioni, piuttosto che
quelli del Paese, secondo lei?
R. – Sono cooptati e non sono
eletti, quindi in realtà non hanno più un rapporto vitale con il
“sovrano”, che è l’insieme dei cittadini, ma devono rispondere a quel
“padrone”, a quel partito padronale che ormai li sceglie. Si sono
istaurati in sostanza rapporti privati in sostituzione dei rapporti
pubblici: questa è una degenerazione grave e ha portato con sé dei
disastri. Il presidente Napolitano, nell’elenco delle cose urgenti da
fare, ha detto: “C’è stata una lunga serie di omissioni e di guasti, di
chiusure e di irresponsabilità”. Quali sono le conseguenze? E ha fatto
l’elenco; e la parte positiva di questo elenco sono le cose che invece
vanno fatte a partire da subito. È interessante che il primo punto posto
dal presidente è la riforma delle istituzioni, significativamente messa
insieme ad un rinnovamento della politica e ad una riforma dei partiti
stessi. Quindi, è un nucleo di cose collegate tra loro che deve
cambiare: la legge elettorale, per consentire di governare stabilmente; i
partiti nella forma e nello stile di politica, nella facilità di
partecipazione, e la politica nel suo insieme. Il fenomeno dirompente
che abbiamo vissuto, quello dell’emergere del Movimento 5 Stelle, regge
perché ha degli obiettivi che sono obiettivi di cittadinanza, che tutti
dobbiamo condividere e quindi vanno applicati: quelli che parlano di
trasparenza della politica, di misura delle spese … In questa maniera,
anche il movimento di Grillo vedrebbe realizzate alcune richieste “di
rottura”, e potrebbe strutturarsi con una forma più costruttiva su altri
punti.
D. – Il presidente ha anche detto che non è possibile
nessuna auto-indulgenza rispetto ai forti richiami che lui ha lanciato e
molti hanno sottolineato in maniera critica i frequenti applausi che
hanno spezzettato il suo discorso. Erano un pochino stonati?
R. –
Parlava appunto di indulgenza quando è stato applaudito: è stato
interrotto continuamente da applausi. Anch’io sono stato tra coloro che
si sono sentiti infastiditi, perché mi è sembrato di vedere una
dimensione patologica: una massa di persone che si è dimostrata incapace
di scegliere un presidente della Repubblica, per questi legami perversi
con i partiti; quindi, gente che aveva dimostrato la propria impotenza,
d’improvviso - identificandosi con un presidente che è il “buono”, che è
il presidente che porta l’onore - cerca di riscattarsi in qualche modo.
Questo è un effetto ricorrente in politica: nei decenni passati, nei
momenti più critici, la Democrazia Cristiana si affidava a uomini come
Moro, come Zaccagnini che – per la loro onestà e capacità politica –
coprivano un po’ tutto il partito. Questi effetti di copertura – che
sono opera generalmente di mediocri e di pavidi – il presidente li ha
stigmatizzati, dicendo: “Gente così non può fare il bene del Paese”.
Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/Articolo.asp?c=685660 del sito Radio Vaticana
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