

R. - Io credo che passerà alla storia questo richiamo del presidente alla realtà, perché di questo, in effetti, si è trattato! Ha detto: “Dobbiamo partire dalla realtà delle cose”. La realtà delle cose è che tutti i partiti hanno chiesto il voto e nessuno ne ha ottenuti abbastanza per governare. La necessità di intese per fare il governo si doveva constatare, ravvisare fin dall’inizio ma – sostanzialmente – dice ai partiti: “Vi siete dimenticati di come si fa politica: la politica si fa mettendosi insieme, con contrasti ma anche con chiarimenti e con alleanze. E invece, negli ultimi 20 anni c’è stata una tale contrapposizione, un tale odio in politica che vi siete dimenticati come si fa politica”. Ha anche ricordato ai parlamentari che non sono i “servi” di un partito, non sono gli “scrivani” di una volontà popolare dettata da internet, ma sono depositari della volontà popolare.
D. – Perché siamo arrivati a questa degenerazione? Perché i parlamentari preferiscono fare gli interessi delle proprie fazioni, piuttosto che quelli del Paese, secondo lei?
R. – Sono cooptati e non sono eletti, quindi in realtà non hanno più un rapporto vitale con il “sovrano”, che è l’insieme dei cittadini, ma devono rispondere a quel “padrone”, a quel partito padronale che ormai li sceglie. Si sono istaurati in sostanza rapporti privati in sostituzione dei rapporti pubblici: questa è una degenerazione grave e ha portato con sé dei disastri. Il presidente Napolitano, nell’elenco delle cose urgenti da fare, ha detto: “C’è stata una lunga serie di omissioni e di guasti, di chiusure e di irresponsabilità”. Quali sono le conseguenze? E ha fatto l’elenco; e la parte positiva di questo elenco sono le cose che invece vanno fatte a partire da subito. È interessante che il primo punto posto dal presidente è la riforma delle istituzioni, significativamente messa insieme ad un rinnovamento della politica e ad una riforma dei partiti stessi. Quindi, è un nucleo di cose collegate tra loro che deve cambiare: la legge elettorale, per consentire di governare stabilmente; i partiti nella forma e nello stile di politica, nella facilità di partecipazione, e la politica nel suo insieme. Il fenomeno dirompente che abbiamo vissuto, quello dell’emergere del Movimento 5 Stelle, regge perché ha degli obiettivi che sono obiettivi di cittadinanza, che tutti dobbiamo condividere e quindi vanno applicati: quelli che parlano di trasparenza della politica, di misura delle spese … In questa maniera, anche il movimento di Grillo vedrebbe realizzate alcune richieste “di rottura”, e potrebbe strutturarsi con una forma più costruttiva su altri punti.
D. – Il presidente ha anche detto che non è possibile nessuna auto-indulgenza rispetto ai forti richiami che lui ha lanciato e molti hanno sottolineato in maniera critica i frequenti applausi che hanno spezzettato il suo discorso. Erano un pochino stonati?
R. – Parlava appunto di indulgenza quando è stato applaudito: è stato interrotto continuamente da applausi. Anch’io sono stato tra coloro che si sono sentiti infastiditi, perché mi è sembrato di vedere una dimensione patologica: una massa di persone che si è dimostrata incapace di scegliere un presidente della Repubblica, per questi legami perversi con i partiti; quindi, gente che aveva dimostrato la propria impotenza, d’improvviso - identificandosi con un presidente che è il “buono”, che è il presidente che porta l’onore - cerca di riscattarsi in qualche modo. Questo è un effetto ricorrente in politica: nei decenni passati, nei momenti più critici, la Democrazia Cristiana si affidava a uomini come Moro, come Zaccagnini che – per la loro onestà e capacità politica – coprivano un po’ tutto il partito. Questi effetti di copertura – che sono opera generalmente di mediocri e di pavidi – il presidente li ha stigmatizzati, dicendo: “Gente così non può fare il bene del Paese”.
Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/Articolo.asp?c=685660 del sito Radio Vaticana
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