Comincia con questo post una serie di interventi che vogliamo definire "ai confini della realtà", non perché trattino di fantascienza, ma perché trattano di teorie ed esperimenti che conducono oltre i limiti tracciati fino ad ora dalla ricerca scientifica, nella consapevolezza che, se la ricerca è tale, è bene non porsi mai limiti invalicabili.
Nell’introduzione di La mente cosciente, David Chalmers (1996) afferma che:
“La coscienza è il più grande dei misteri. E’ forse il maggiore ostacolo nella nostra ricerca di una
comprensione scientifica dell’universo. Pur non essendo ancora complete, le scienze fisiche sono ben
comprese, e le scienze biologiche hanno rimosso molti degli antichi misteri che circondavano la natura
della vita. Sebbene permangano lacune nella comprensione di questi campi, esse non paiono tuttavia
intrattabili. Abbiamo un’idea di come potrebbe configurarsi una soluzione a questi problemi; abbiamo
solo bisogno di aggiustare i dettagli. Molti progressi sono stati compiuti anche nella scienza della
mente. Il lavoro recente nell’ambito della scienza cognitiva e delle neuroscienze ci ha portato a una
migliore comprensione del comportamento umano e dei processi che lo guidano. Certo non
disponiamo di molte teorie dettagliate della cognizione, ma la conoscenza dei dettagli non può essere
troppo lontana. Invece, la coscienza continua a lasciare perplessi, come è sempre avvenuto. Sembra
ancora completamente misterioso che i processi che causano il comportamento debbano essere
accompagnati da una vita interiore soggettiva. Abbiamo buone ragioni di credere che la coscienza
nasca da sistemi fisici come i cervelli, e tuttavia non abbiamo alcuna idea di come abbia origine, o del
perché essa esista. Come può un sistema fisico come il cervello essere anche un soggetto di
esperienza? Perché dovrebbe esserci un qualcosa di simile a un tale sistema? Le teorie scientifiche
contemporanee difficilmente toccano le questioni realmente difficili relative alla coscienza. Non solo
non disponiamo di una teoria dettagliata, ma siamo completamente all’oscuro di come la coscienza si
concili con l’ordine naturale.”
Se condividete queste affermazioni, sarete certamente d'accordo con me che la mancata comprensione dei fenomeni naturali, che sarebbero alla base della formazione della coscienza negli esseri viventi, pone un serio interrogativo sulla coerenza interna di tutto il sistema delle scienze matematiche, fisiche e naturali.
Se il conoscente è sconosciuto, che affidabilità potranno mai avere i risultati collezionati con estrema dovizia da migliaia di ricercatori umani in tutti i campi dello scibile?
Se il soggetto che parla è e rimane a se stesso - e agli altri - un mistero, quale valore può avere la trasmissione della sua personale conoscenza ad altri soggetti, come lui altrettanto misteriosi, se non quello di un atto autoreferenziale?
Chi, o che cosa, potrà mai dare un significato all'avventura della coscienza vivente in questo universo?
A questo punto si chiarisce quella che è una verità inconfutabile: il ricercatore non può fondare alcuna conoscenza su se stesso, rimanendo egli stesso inconoscibile.
Un'altro deve essere il soggetto o principio fondante della ricerca scientifica.
C'è un Altro che rende affidabili i risultati della ricerca scientifica. E' qualcuno - o qualcosa - che sta fuori della porta del laboratorio, o, se preferite, sotto il tavolo di lavoro, che fornisce coerenza interna a tutto lo scenario della scienza e della conoscenza.
Il 2° teorema di Godel è valido pure in questa circostanza: Nessun sistema coerente può essere utilizzato per dimostrare la sua stessa coerenza.
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