Intervista ad Antonio Maria Baggio
«Bisogna evitare in tutti i modi di dare l’impressione che una
persona che opera in un movimento, in una realtà ecclesiale, se la
porti dietro entrando in politica».
Lo afferma ai microfoni della Radio Vaticana il politologo cattolico
Antonio Maria Baggio, docente di Filosofia politica all’Università
Sophia di Loppiano, fondata dal Movimento dei Focolari.
«C’è stata in queste settimane la formazione delle liste e molti
sono stati contattati dai partiti, perché volevano a tutti i costi
che dentro la loro lista ci fosse, ad esempio, il rappresentante del
Movimento dei Focolari o dell’Azione Cattolica o degli Scout»,
sottolinea il politologo osservando che «questo è un modo perverso
di ragionare, perché nessuno dei cattolici può entrare in politica
pensando di rappresentare una realtà ecclesiale».
«Non è così – assicura Baggio alla Radio Vaticana – perché
non è la Chiesa che entra in politica, sono le persone che riportano
quello che loro hanno e sono. Quindi, bisogna guardarsi bene
dall’entrare in politica, dando questa falsa impressione, che ci
sia una “ecclesialità” che entra in politica. Non è così. Si
entri pure in politica, allora, però avendo cura di non farsi
strumentalizzare».
«Noi continuiamo sempre a ripetere, perché è vero storicamente,
che dalla Chiesa – scandisce il politologo dell’emittente della
Santa Sede – viene un nutrimento per la società sia come idee, che
come testimonianze e come persone preparate. Quindi, il passaggio da
un impegno sociale, dove le persone maturano, ad un impegno politico
nelle istituzioni, è naturale. Bisogna naturalmente presidiare
ambedue gli spazi.
Questi passaggi dal sociale al politico, che sono logici e naturali,
e sono la salute stessa della dimensione politica, delle istituzioni,
quindi vanno fatti, vanno fatti bene però. Anzitutto, vanno fatti in
piena autonomia e come scelta personale di colui che li fa».
«L’idea di base – spiega l’esperto consultato dalla Radio
Vaticana – è che il cristiano porta in politica la sua capacità
di amare. Tutto ciò che egli fa, quindi, deve essere amore, come
viene chiamato da molti “amore sociale”». E, conclude il
professor Baggio, «Benedetto XVI ha sottolineato tante volte questa
scelta importante che il cristianesimo ha fatto nella storia»
tutelando la libertà del cristiano, «che porta in politica la sua
capacità di amare, che si costruisce anche nella famiglia, nella
Chiesa, e la porta in società», con «un linguaggio che non è più
un linguaggio ecclesiale o un linguaggio confessionale, ma è il
linguaggio della ragione universale».
(da Radio Vaticana del 17 gennaio 2013)
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